"La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture non mancando mai, soprattutto nella liturgia, di nutrirsi del pane della vita, sia della Parola di Dio, sia del Corpo di Cristo". (Concilio Vaticano II)

venerdì 9 settembre 2011

Itinerari di fede - IX appuntamento

Torniamo a meditare attraverso il nuovo percorso ricco di diversi itinerari, sempre scritti dalla mano di padre Leopoldo, Priore Francescano Conventuale della Chiesa di San Francesco di Brescia (ringraziamo sempre Enza per l'opera non facile di trascrizione):
 
Cominciare da se stessi
 
Bisogna che l'uomo si renda conto innanzitutto, lui stesso, che le situazioni conflittuali che l'oppongono agli altri sono solo conseguenze di situazioni conflittuali presenti nella sua anima, e che quindi deve sforzarsi di superare il proprio conflitto interiore per potersi così rivolgere ai suoi simili da uomo trasformato, pacificato, e allacciare con loro relazioni nuove, trasformate. Indubbiamente, per sua natura, l'uomo cerca di eludere questa svolta decisiva che ferisce in profondità il suo rapporto abituale con il mondo: allora ribatte all'autore di questa ingiunzione - o alla propria anima, se è lei a intimargliela - che ogni conflitto implica due attori e che perciò, se si chiede a lui di risalire al proprio conflitto interiore, si deve pretendere altrettanto dal suo avversario. Ma proprio in questo modo di vedere - in base al quale l'essere umano si considera solo come un individuo di fronte al quale stanno altri individui, e non come una persona autentica la cui trasformazione contribuisce alla trasformazione del mondo - proprio qui risiede l'errore fondamentale [...]. Cominciare da se stessi: ecco l'unica cosa che conta. In questo preciso istante non mi devo occupare di altro al mondo che non sia questo inizio. Ogni altra presa di posizione mi distoglie da questo mio inizio, intacca la mia risolutezza nel metterlo in opera e finisce per far fallire completamente questa audace e vasta impresa. Il punto di Archimede a partire dal quale posso da parte mia sollevare il mondo è la trasformazione di me stesso. Se invece pongo due punti di appoggio, uno qui nella mia anima e l'altro là, nell'anima del mio simile in conflitto con me, quell'unico punto sul quale mi si era aperta una prospettiva, mi sfugge immediatamente. [...] "Cerca la pace nel tuo luogo". Non si può cercare la pace in altro luogo che in se stessi finché qui non la si è trovata. E' detto nel salmo: "Non c'è pace nelle mie ossa a causa del mio peccato". Quando l'uomo ha trovato la pace in se stesso, può mettersi a cercarla nel mondo intero.

Consigli per avvicinarsi all'ammalato

Questo non vuole essere un prontuario o delle istruzioni all'uso, ma dei semplici consigli che ognuno deve interiorizzare e portare nel cuore. Per capire gli ammalati bisogna mettersi al loro posto: cosa molto difficile. Se però non ti sforzerai di farlo, sarà inutile tentare di comunicare con loro. Dire che Dio ama gli ammalati è una cosa molto graziosa e anche vera. Non è l'amore di Dio che devi portare al malato ma il tuo e per questo non bastano solo le parole. Dio non è una persona che va o che viene, lui è fedele e resta. Sarà percepito più o meno dalle condizioni in cui si trova l'ammalato e non solo quelle fisiche. Sforzarti di aiutare l'ammalato su un piano umano e in modo umano: Dio si manifesterà a suo tempo, i tempi di Dio non sono i tempi dell'uomo. Riempiti di Dio e poi va dagli ammalati come se esistessero solo loro, così senza che per te sia uno scopo primario, sarai strumento dell'amore di Dio. Ama gli ammalati, ma non farlo solo in riferimento a Dio: amali per se stessi, in se stessi. Coloro che si occupano degli ammalati soltanto per amor di Dio e con una certa freddezza professionale nei loro comportamenti, fanno pensare che gli ammalati siano per loro solo dei modi per proseguire la propria santificazione. Il miglior aiuto che puoi dare ad un ammalato è di aiutarli a ritrovare se stessi. Il tuo deve essere un rapporto d'amore su una base reale, non menzognera o fittizia: sarebbe come costruire sulla sabbia. Anche se il malato ha perso molto, gli rimane sempre qualche cosa, su questo qualche cosa si tratta di costruire con la fede e l'esperienza sorretta dall'amore. Il dolore affina la sensibilità e, se loro vedranno in te, la semplicità, la delicatezza dell'amore di Dio, ti racconteranno la loro storia. Non fare domande, non limitarti a sentire, ascolta con il cuore: sarai sempre tu a ricevere qualcosa. Forse ti sentirai impotente a rimuovere il peso che portano, ma nel loro cuore l'avrai alleggerito sicuramente. Il malato, l'handicappato, non vogliono pietismo. Non chiederti: cosa posso dire, ma sorridi, sii sempre ottimista, allegro, non esiste un ponte più sicuro di una bocca sorridente e anche nei momenti di dolore più acuto e di disperazione più profonda ci sarà uno spiraglio per lasciar passare la speranza e un solco per seminare la gioia. Può essere che il dolore unisca a Dio più che la gioia: limitati a suggerirlo, non con le parole, immagini o sentimenti, ma con il tuo esempio. Qualche volta sarà necessario venire incontro alle loro necessità materiali, far loro qualche dono. E Cristo che ha bisogno di te, vuole che tu doni te stesso come lui si è donato a noi e si dona a noi tutti i giorni senza chiedere nulla in cambio: solo Amore.

Le due sorgenti

La montagna si eleva verso il sole. Ma la montagna pesa. E' fatta di sassi. In qualche recesso delle sue viscere nacquero un giorno due piccole sorgenti d'acqua limpida, che cercavano di uscire all'aperto. Ma la montagna non cedeva: le opprimeva, le soffocava. 
Dopo un bel po' di tempo le sorgenti, facendosi largo a poco a poco, riuscirono a venire alla luce ai piedi della montagna.
Com'erano stanche! Ma non c'era tempo per riposarsi. Erano appena scaturite dalla terra quando sentirono delle grida provenienti dal muschio, dall'erba, dai fiorellini, dalle rose alpine: "Dateci da bere! Dateci da bere!"
"Fossi matta!", disse la prima sorgente. "Ho faticato tanto senza sosta laggiù, sottoterra, mentre voi, pigri, ve ne stavate al sole. Non vi darò proprio niente!" "Non ci darai niente?", disse il muschio piccato. "E allora noi non ti lasceremo passare."
"Ti sbarreremo la strada con le nostre numerose radici", dichiarò l'erba. "Ti copriremo così nessuno ti troverà", minacciarono i cespugli di rose alpine e di rovi. La seconda sorgente fu condiscendente: "Bevi, sorella erba, però fatti da parte perché io possa proseguire il mio cammino!" Bevvero un poco anche i cespugli ma si tennero fuori dalla corrente e così il muschio e la rosa alpina. La sorgente correva. Dava da bere a tutte le piante e tutte le cedevano il passo.(...) La sua acqua era fresca e limpida come cristallo. Lei stessa non sapeva come. Le piante l'amavano e lasciavano che altre sorgenti si unissero a lei.(...) Alla fine arrivò al mare. Quando giunse alla foce, l'azzurro padre Oceano la prese fra le braccia e la baciò sulla fronte. "E dov'è tua sorella sorgente? le chiese.” "Ah, Padre! Purtroppo è diventata paludosa, marcia e puzzolente." "Così è la vita, figliola mia", disse padre Oceano. "Tua sorella non voleva dare agli altri ciò che ha ricevuto. Vedi? Anch'io oggi ti ricevo in restituzione del vapore che da me è salito verso la montagna. La vita è dare. Tenere per sé è la morte."

Osiamo dire: Padre nostro...

Esperienza di un cappellano delle carceri.

Ricordo una Messa celebrata all'ergastolo di Porto Azzurro. Sentivo avvicinarsi questo momento con un senso di paura. "...Padre nostro!". Mi sono fermato. Li ho guardati in faccia, a uno a uno. Oltre
cinquecento uomini, a cui avevano ucciso la speranza, condannati a vita. Loro dicono, con un'espressione incisiva: "Ci hanno fermato l'orologio!". Ho detto: "Scusatemi, ma io non riesco a continuare. Se non mi aiutate voi, io, da solo, a questo incrocio pericoloso della Messa, non ce la faccio ad andare avanti. Sarei costretto a dire una parola che, se prima non si realizza qualcosa di importante tra di noi, suonerebbe come una bestemmia: "Padre nostro...". "Ho bisogno che mi accettiate come uno di voi, un fratello, niente altro. Soltanto se mi fate questo regalo, se ci scambiamo questa fraternità, se ammettiamo da ambo le parti questa parentela, se mi considerate come uno dei vostri, oseremo dire insieme "Padre nostro!".
Altrimenti io non ho il coraggio di pronunciare quella frase. Dio non è soltanto 'mio' Padre. Lui vuol esserlo di tutti. E se non mi presento davanti a lui insieme a tutti voi, nessuno escluso, mi sento un traditore, un illegittimo... E se voi non mi riconoscete come fratello, Dio se ne va. Non si fa trovare...". Mai come in quel momento ho scoperto la forca sconvolgente dell'espressione: "Osiamo dire". Sì, soltanto adesso che ci siamo
riconosciuti, accettati come fratelli, possiamo dire, senza paura di bestemmiare: "Padre nostro" (anzi:
"Papà", Abbà!). Siamo mal ridotti, Papà, ma siamo insieme. Laceri, sporchi, non troppo presentabili, ma ci riconosciamo fratelli. Ci sentiamo colpevoli "insieme". Abbiamo tutti qualcosa da farci perdonare. Nessuno di noi è giudice dell'altro. Nessuno di noi condanna le colpe dell'altro. Siamo uniti da una comune solidarietà di miseria. Soltanto per questo "osiamo dire". E tu, siamo sicuri, ci guardi con benevolenza. Perché noi ci guardiamo senza durezza. Tu, abbiamo la certezza, ci accetti. Perché noi ci accettiamo vicendevolmente. Tu non ti vergogni di noi, nonostante tutto. Perché noi non rifiutiamo nessuno. Ecco, Signore, soltanto dopo che ci siamo caricati sulle spalle questo colossale peso di tutti i nostri fratelli, osiamo dire "Padre nostro!". E, stavolta, è preghiera.

Trovare Dio in tutte le cose

Trovare Dio in tutte le cose è una meta stupenda. È il frutto che matura in colui che si mette in cammino e dirige i suoi passi verso il cuore. È li che Dio si nasconde, nel cuore di tutto ciò che esiste. Dio è il cuore della nostra vita. La sua dimora è il cuore. 
Trovare Dio in tutte le cose è partire dalle cose per trovare Dio.
Fermati. Osserva.
Non vedi che le cose "parlano"? Non ti accorgi di nulla?
Che cosa provi quando vedi il sole che tramonta?
E quando osservi un fiore?
E quando ti avvicini ad una sorgente? Una zolla di terra, un lembo di cielo, il volto di una persona, un frammento di pane, l'acqua che bolle nella pentola, il cibo che prepari con le tue mani... sono tutte cose che possono sorprenderti.

Fermati ancora. Ascolta il respiro: da dove viene? dove ti porta?
Il respiro sei tu: da dove vieni? dove vai? Non ti accorgi che stai pregando? La preghiera è dentro di te. È il tuo essere che prega.
Anche quando non ci pensi. Anche quando non gli "corri" dietro.
Adesso sai dov'è Dio.
Hai ancora bisogno di cercarlo?

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