"La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture non mancando mai, soprattutto nella liturgia, di nutrirsi del pane della vita, sia della Parola di Dio, sia del Corpo di Cristo". (Concilio Vaticano II)

domenica 18 settembre 2011

Capire la Santa Messa - XIII Appuntamento

Torna l'appuntamento domenicale con la meditazione sul significato della Santa Messa, con gli approfondimenti di padre Leopoldo, Priore Francescano Conventuale della Chiesa di San Francesco di Brescia:

Il vangelo e l’omelia
N° 13

Il Vangelo, buona novella di Cristo.

Vangelo vuol dire: “buona novella”. Troviamo questa espressione nelle parole dell’angelo ai pastori: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,10-11). La buona novella è la nascita del Salvatore. Gesù sarà non soltanto il messaggero di questa buona novella. La sua persona stessa è la buona novella. Quando leggiamo i vangeli non è ai libri che ci attacchiamo, ma a colui che è “il Vangelo”, la buona novella: il Cristo. I vangeli sono un mezzo per conoscerlo, il mezzo migliore che abbiamo, perché essi costituiscono la testimonianza per eccellenza sulla sua vita e sul suo insegnamento. Con il Vangelo, è il Cristo stesso che parla alla sua chiesa. La sua lettura sarà dunque più solenne delle altre: “La liturgia stessa insegna con i suoi riti che la lettura del vangelo deve essere circondata dal più grande rispetto. Questa è accompagnata, in effetti, da parecchi segni di onore: occorre un ministro speciale, che si prepari alla sua funzione, chiedendo una benedizione o facendo una preghiera; i fedeli esprimono con le loro esclamazioni che voglio ascoltare proprio il Cristo come se fosse presente, ed è per questo che essi ascoltano stando in piedi; infine il libro dei vangeli è esso stesso oggetto di segni particolari di venerazione”.

Il canto dell’Alleluja
 
Cominciamo con l’alzarci in piedi, un po’ come una volta nelle classi ci si alzava in piedi all’ingresso del professore o del direttore. Rimanendo in piedi durante questa lettura manifestiamo la nostra grande venerazione per Gesù, per le sue parole e per tutto ciò che egli ha fatto.

Cantiamo l’Alleluja
 
E’ un’acclamazione ebraica che significa “lodate il Signore” e che ci invita alla lode. Questa acclamazione si trova all’inizio e alla fine dei salmi di lode (145-150). E’ anche il canto degli angeli e dei santi nell’apocalisse: “udii poi come una gran voce di un’immensa folla simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano: “Alleluja. Ha preso possesso del suo regno il signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché sono giunte le nozze dell’Agnello, la sua Sposa è pronta”. (19,6-7). Questo canto è un grido di gioia, un urlo: con l’Alleluia, noi acclamiamo in anticipo Dio che ci sta per parlare per mezzo del suo Figlio. Durante il tempo di Quaresima, non si canta l’Alleluia, che faremo risuonare nella veglia pasquale. Lo sostituiamo con un’altra acclamazione, come “gloria e lode a te, Signore Gesù” oppure con un versetto di un salmo: “La tua parola, Signore, è verità e la tua legge liberazione”.

La benedizione o la preghiera del ministro ordinato
 
La lettura liturgica del Vangelo è di una tale importanza che essa è riservata ad un ministro ordinato (vescovo, presbitero o diacono): configurato a Cristo dal sacramento dell’ordine, egli attesta davanti all’assemblea che questa parola non è una parola ordinaria, ma che per mezzo della sua voce, il cristo vivente si rivolge alla sua chiesa. Il diacono è stato ordinato a servizio della Parola; è a lui che spetta leggere il Vangelo. (Al momento dell’ordinazione diaconale, il vescovo gli ha consegnato solennemente il libro dei vangeli dicendogli: “ricevi il vangelo di Cristo che hai il compito di annunciare. Sii attento a credere alla parola che leggerai, a insegnare ciò che avrai creduto, a vivere ciò che avrai insegnato”). Il diacono si avvicina per chiedere la benedizione del vescovo o del presbitero. Questa sarà data a voce bassa. Che cosa mai potranno dirsi? Ecco il testo del messale: il diacono chiede al celebrante: “Benedicimi, o padre”. Questi lo benedice dicendo: “il Signore sia nel tuo cuore e sulle tue labbra perché tu possa annunziare degnamente il suo vangelo, nel nome del padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Il diacono risponde: “Amen”. Questa benedizione mostra l’importanza della lettura del vangelo. Quando è il presbitero stesso a leggere il vangelo, anch’egli chiede al Signore di purificarlo affinché possa leggere degnamente il vangelo. Inchinandosi davanti all’altare, a voce bassa dice: “Purifica il mio cuore e le mie labbra, Dio onnipotente, perché possa annunziare degnamente il tuo Vangelo”.

La processione del Vangelo
 
I ministranti che portano l’incenso e le candele, accompagnano il ministro che prende l’evangelario, il libro dei Vangeli riccamente decorato. Essi si dirigono tutti in processione all’ambone dove il ministro leggerà il Vangelo.

La proclamazione del Vangelo
 
La proclamazione è preceduta dal dialogo: “Il Signore sia con voi—E con il tuo spirito”. Poi il ministro annuncia: “Dal Vangelo secondo San Giovanni”. Noi rispondiamo: “Gloria a te, o Signore”. Questa risposta è una confessione di fede: noi riconosciamo che è il Signore che sta per parlarci.

Le tre croci
 
A questo punto, il ministro segna con un piccolo segno di croce l’inizio del brano che leggerà, e si segna egli stesso sulla fronte, sulla bocca e sul petto; tutti fanno lo stesso. Che cosa significa questo gesto? (sarebbe assurdo farlo senza sapere il perché…..). Noi chiediamo al Signore che la sua Parola, venga a toccare la nostra intelligenza, la nostra bocca e il nostro cuore, perché possiamo comprenderla e inscriverla nel più profondo dei nostri pensieri e proclamarla con sapienza e con tutta la nostra vita, ma soprattutto custodirla gelosamente nel nostro cuore a immagine di Maria che “serbava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc, 2-51).tracciando queste tre piccole croci su di noi, possiamo dire interiormente: “Signore, che io comprenda bene la tua Parola, che possa proclamarla e possa custodirla nel mio cuore”.

La lettura del Vangelo
 
Comincia allora la lettura o il canto del Vangelo, che è proclamato, come si deve, con la più grande cura. Durante questa proclamazione, il vescovo prende il suo pastorale per significare che la sua autorità pastorale è legata al Vangelo di Cristo. L’evangelario è incensato in segno di venerazione. Durante la lettura, il turiferario fa oscillare il suo turibolo fumante, ciò che simbolizza nello stesso tempo l’onore divino dovuto al Vangelo, e il modo in cui il buon profumo di Cristo si diffonde nel cuore dei credenti e nel mondo intero.

L’acclamazione del Vangelo
 
Quando la lettura è terminata, colui che ha letto il Vangelo, canta o dice: “Parola del Signore”, e tutti rispondono: “ Lode a te, Signore Gesù”. E’ ancora una professione di fede: noi riconosciamo che è Gesù stesso che ci ha parlato.

Bacio dell’evangelario
 
E’ il secondo bacio della messa. Il ministro venera il Vangelo in segno di rispetto, poi porta l’evangelario al vescovo perché anche lui lo baci. Facendo questo gesto, i ministri ordinati dicono: “La Parola del Vangelo cancelli i nostri peccati”. 

Omelia
 
Quindi ci sediamo per ascoltare l’omelia o la predica. Omelia viene dal greco homilia che vuol dire “riunione”, “incontro in società”, “conversazione familiare”. Lo scopo è chiarissimo: spiegare, attualizzare, rendere accessibile a tutti la Parola di Dio che è stata appena proclamata. Noi conserviamo come esempio la folgorante omelia di Gesù a Nazaret: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi” (Lc 4,21). Non si tratta dunque di un discorso di scuola, di un esercizio di eloquenza, di una allocuzione, di una perorazione politica. Non è questo il momento di tenere un corso, una lezione di catechismo o una conferenza. Il predicatore deve prima impregnarsi della Parola per poterne poi parlare come si deve. La preparazione più importante è la preghiera. Il sacerdote scopre presto che è lui stesso il primo a trarre profitto dalle parole che pronuncia in nome di Dio, che è lui il primo a essere “preso di mira” dalle sue stesse esortazioni. Perché una omelia sia buona, è importante che sia ben preparata. Anche un sermone improvvisato richiede una certa preparazione. Un’omelia ci guadagna anche dal non essere troppo lunga…. Un padre del deserto ha detto: “Per fare una buona omelia, occorrono tre cose: un buon inizio, una buona fine, e le due cose il più vicino possibile!”. Quanto ai fedeli, perché vi sia conversazione familiare e anche molto semplicemente comunicazione, sarebbe sufficiente che essi molto semplicemente ascoltassero, e si applicassero a comprendere ciò che il sacerdote vuole loro trasmettere. Come sacerdote, mi accorgo in fretta se c’è un reale ascolto, o al contrario ben poco interesse (come in occasione di certi matrimoni, per esempio). Malgrado le sue imperfezioni, è importante accogliere questa omelia come Parola di Dio per noi. Il tempo di silenzio o di musica che segue l’omelia permette di meditare e di riflettere su ciò che è stato esposto.

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