"La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture non mancando mai, soprattutto nella liturgia, di nutrirsi del pane della vita, sia della Parola di Dio, sia del Corpo di Cristo". (Concilio Vaticano II)

domenica 25 settembre 2011

Capire la Santa Messa - XIV Appuntamento

Torna l'appuntamento domenicale con la meditazione sul significato della Santa Messa, con gli approfondimenti di padre Leopoldo, Priore Francescano Conventuale della Chiesa di San Francesco di Brescia:
 

CAPIRE LA MESSA
N° 14

CREDO IN UN SOLO DIO
 
La fede del nostro battesimo
 
All’invito del celebrante, ci alziamo in piedi per proclamare la nostra fede. Alzarsi in piedi è segno di resurrezione. noi crediamo che è il Signore che ci dà la vita, ci rialza e ci resuscita. Proclamato la domenica, giorno della resurrezione, il Credo ci collega al nostro Battesimo, a questo giorno al quale siamo morti e resuscitati col Cristo. Prima di essere battezzati, i catecumeni o i genitori dei bambini piccoli proclamano la professione di fede in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Nella messa domenicale, rinnoviamo la nostra professione di fede battesimale, con la triplice interrogazione della liturgia del Battesimo oppure con uno dei due simboli che sintetizzano tutta la fede della Chiesa. Ci sono infatti due formulazioni del Credo, che noi chiamiamo simboli, secondo il significato antico di questa parola come formula che permette di riconoscere ciò che è condiviso da tutti. Il primo, denominato comunemente Simbolo degli Apostoli, è più breve e risale al III secolo. Il secondo, più elaborato, è un testo dogmatico proveniente dai concili ecumenici di Nicea (325) e di Costantinopoli (381). Questo secondo simbolo comincia con l’affermazione “Credo in solo Dio”: noi crediamo appunto in un solo Dio (e non in tre dei….), il quale è comunione, relazione, Padre, Figlio e Spirito Santo.

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente
 
“Credo in un solo Dio, Padre”. Dio è Padre. Questa intuizione si trova già nell’Antico Testamento e in altre religioni, del resto. Ma è Gesù che ci rivela la vera paternità di Dio e che in Dio c’è una relazione Padre-Figlio. Egli ci trascina in questa filiazione, consentendoci di diventare, alla sua sequela, i figli e le figlie diletti del Padre. Dio ci ama come un padre e come una madre¹.
(¹-Perché così dice il Signore: [….] “sarete portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola il figlio, così io vi consolerò”).
Egli è la fonte, l’origine di ogni amore. In effetti solo il Padre non ha avuto bisogno di essere amato per poter amare, dal momento che noi non possiamo amare, e neppure vivere, se non siamo stati prima amati.
“Padre onnipotente”. Questo termine suona male alle nostre orecchie, evocando un dispotismo, una forza cieca, una dominazione opprimente. Perché non enumerare altri attributi di Dio come, per esempio, la sua bontà, la sua misericordia, e prima di tutto l’amore di cui abbiamo appena parlato? Dobbiamo capire bene questa onnipotenza di Dio: essa è universale, perché Dio ha creato tutto, e amorosa, perché Egli si prende cura di tutti noi. Questa onnipotenza è anche misteriosa, perché passa attraverso l’abbassamento volontario di suo Figlio. In altri termini, essa non si manifesta come ci si aspetterebbe, rispettoso della nostra libertà, Dio non impedisce il male, ma la sua potenza si esprime nella sua capacità di trasformare il male in un bene più grande. “Creatore del cielo e della terra” (Gn 1,1)²
[²-Ciò non vuol dire che il mondo è stato creato esattamente come lo racconta la narrazione poetica della Genesi. Si sono troppo a lungo opposte le scoperte scientifiche, con la teoria dell’evoluzione dal big bang, al racconto biblico. La Bibbia non ci dice come sono il cielo e la terra sono stati creati, ma perché c’è qualcosa piuttosto che niente, e per che cosa, a quale scopo, con quale finalità].
Noi confessiamo che questo mondo nel quale viviamo, con tutta la sua complessità, non è il frutto del caso ma l’opera di Dio. Questo è ciò che gli conferisce il suo significato, la sua grandezza, la sua dignità. Al vertice della creazione egli ha creato l’uomo e la donna, esseri di relazione a sua immagine.
“Di tutte le cose visibili e invisibili”. Questa espressione designa la totalità della creazione, non soltanto il mondo che vediamo, ma anche le realtà invisibili, le creature spirituali, gli angeli che attorniano Dio.

E in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore
 
“Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio”: questa è l’affermazione centrale della nostra fede cristiana; questo uomo, Gesù che ha vissuto in Palestina duemila anni fa, è il Cristo, il Figlio di Dio, e Dio egli stesso. Come potrebbe quest’uomo invitarci a seguirlo, chiederci di preferirlo a tutti gli altri, affermare: “Io sono la via, la verità e la vita” (gv 14, 6) e prometterci la salvezza se non fosse Dio? Eppure questa divinità è stata fortemente contestata già nei primi secoli, praticamente dall’arianesimo³ che ha profondamente diviso la chiesa. Per ristabilire l’unità, l’imperatore Costantino convocò un concilio a Nicea nel 325 che condannò la dottrina di Ario e adottò una prima formulazione della fede cristiana che sarebbe diventata il Credo. Il concilio affermò solennemente la divinità di Cristo: “della stessa natura del Padre”, Egli è “consustanziale” al Padre, cioè della stessa natura divina. Ma la crisi dell’arianesimo continuò nonostante tutto. Essa si risolse con il concilio di Costantinopoli (381), convocato anch’esso da un imperatore (Teodosio). Questo secondo concilio formulò chiaramente la divinità di Cristo quale noi la proclamiamo nel Credo: 
 
[³- Per Ario, prete di Alessandria (280-336), il Verbo non era che una creatura, certamente eccezionale, che Dio avrebbe adottato come suo figlio. Questa dottrina ha sedotto moltissimi cristiani, e anche alcuni vescovi, che pensavano così di ristabilire l’unità di Dio, non riuscendo a concepire che Egli sia nello stesso tempo uno e trino.]
 
“Nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero. Generato, non creato, della stessa sostanza del padre; per mezzo di Lui tutte le cose sono state create”. Come comprendere questa formula? La generazione descrive questa relazione di paternità e di filiazione che c’è in Dio. Ma contrariamente a noi che, al momento della nostra generazione da parte dei nostri genitori, siamo stati creati (perché non esistiamo prima se non nel progetto d’amore di Dio), il Cristo, generato, cioè figlio del Padre, non è stato creato perché egli è Dio ed esisteva presso il Padre da sempre. “Per noi uomini, e per la nostra salvezza, discese dal cielo”. Vero Dio, il Figlio si è incarnato ed è divenuto vero uomo. E’ per noi che il Cristo si è fatto uomo, per salvarci, per farci partecipe alla sua vita divina”. E per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”. Anche questa è una confessione essenziale della nostra fede. Se Gesù non fosse stato concepito di Spirito Santo, come attestano le Scritture, Egli non sarebbe Dio. “Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto” Gesù fa liberamente dono della sua vita per ciascuno di noi. Come disse un antico concilio (nell’853): “Non c’è, non c’è stato e non ci sarà alcun uomo per il quale Cristo non abbia sofferto”. Il Simbolo degli Apostoli aggiunge che il Cristo è sceso agli inferi”. Che cosa vuol dire questa espressione? Il Cristo è andato all’inferno? Nella Bibbia , come presso i greci, gli inferi designano il soggiorno dei morti, lo sheol o l’ade. Gesù, veramente morto, vi è disceso ma come Salvatore, al fine di liberare tutti i giusti che attendevano il loro liberatore. “Il terzo giorno è resuscitato, secondo le scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre”. La resurrezione è il cuore della nostra fede cristiana. Se il Cristo non è resuscitato, dirà S. Paolo, la nostra fede non vale niente e “noi siamo i più infelici di tutti gli uomini”, e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti; e il suo regno non avrà fine”. Questa è la parusia – parola che significa presenza o arrivo – di Cristo del quale noi attendiamo il ritorno, come cantiamo nell’anamsi: “attendiamo il tuo ritorno nella gloria”.

Credo nello Spirito Santo
 
Nella terza parte del Credo, affermiamo la nostra fede nello Spirito Santo che è all’opera nella chiesa. Nei primi secoli del cristianesimo, anche la divinità dello Spirito Santo è stata messa in discussione. Una dottrina scettica insinuava che non sarebbe di fatto che una creatura di Dio, un angelo migliorato. Le risposte teologiche di S. Basilio di Cesarea e di S. Gregorio di Nazianzo hanno permesso l’elaborazione del Credo di Nicea-Costantinopoli. “credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita”. Noi confessiamo che lo Spirito è Santo per natura. E’ Signore allo stesso titolo del Padre e del Figlio. Egli comunica la vita divina. Con questa professione di fede, noi riconosciamo la divinità dello Spirito Santo. “E procede dal Padre e dal Figlio”. E’ lo Spirito del Padre e del Figlio, la personificazione dell’amore del Padre e del Figlio; in altri termini, è l’amore reciproco del padre e del Figlio che fa “procedere” lo Spirito d’amore. E’ un po’ come una coppia che potrebbe parlare del suo amore che è nato in tale circostanza, che è cresciuto ed è sbocciato, come se fosse una persona. “Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato”. Partecipando della medesima divinità, lo Spirito Santo è glorificato e adorato come il Padre e il Figlio. “E ha parlato per mezzo dei profeti”. Lo Spirito Santo non parla direttamente, ma fa parlare, ispira i profeti e i santi di ogni epoca. Ancor oggi, Egli abita nei nostri cuori, nel più intimo di noi stessi, ci unisce a Cristo e ci conduce al Padre.

“Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica”
 
Pensiamo veramente ciò che proclamiamo? Diciamo che la Chiesa è una, e tuttavia essa è profondamente divisa. Affermiamo che essa è santa, ma non è ciò che dicono i giornali. Proclamiamo che essa è cattolica; e allora come guardare ai nostri fratelli ortodossi e protestanti…..; crediamo infine che essa è apostolica; ma cosa significa questa definizione? Questo è il paradosso della Chiesa: essa è nello stesso tempo santa e peccatrice, tutta spirituale e talmente umana. Da un lato, essa è santa e pura, perché nata nel cuore del Padre, istituita dal cristo e animata dallo Spirito Santo. Nello stesso tempo, la Chiesa non è perfetta, perché composta di uomini e di donne peccatori (come noi) che le danno un aspetto che non è sempre splendente….. Si sognerebbe una Chiesa senza difetti. Ma noi avremmo ancora un nostro posto in Chiesa formata unicamente da persone “perfette”? la Chiesa è l’assemblea dei peccatori chiamati alla santità. “La chiesa è una”, perché è il corpo di Cristo che non può essere diviso. Unità non vuol dire uniformità. A immagine della Trinità è una nelle diversità delle tre Persone, la chiesa vive della grande diversità di popoli, di culture, di spiritualità. “La grande ricchezza di questa diversità non si oppone all’unità della Chiesa. Tuttavia, il peccato e il peso delle sue conseguenze minacciano senza sosta il dono dell’unità”. E’ per questo che è necessario progredire verso l’unità secondo il desiderio di Cristo: “Tutti siano uan sola cosa” (Gv 17,21). “la Chiesa è santa”. Essa è unita a Cristo Santo che la santifica. Il suo scopo è di condurre tutti i suoi membri alla santità. Maria, la tutta Santa, è il prototipo della Chiesa che ha già raggiunto la perfezione. “La Chiesa è cattolica”. Cattolico significa “universale” nel senso di “secondo la totalità” o “secondo l’integralità”! la Chiesa è cattolica perché in essa è presente il Cristo, e perché il Cristo la invia in missione a tutti i popoli: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19). “La Chiesa è apostolica”, perché è fondata sugli apostoli, testimoni scelti e inviati dal cristo stesso. Essa custodisce e trasmette l’insegnamento e le parole intese dagli apostoli, e continua ad essere ammaestrata, santificata e governata dai successori degli apostoli che sono i vescovi, assistiti dai presbiteri, in unione con il Papa, successore di Pietro. “credo nella comunione dei santi”. La Chiesa non è soltanto il popolo di Dio “in cammino” sulla terra: essa è formata anche da tutti coloro che ci hanno preceduto, dai beati del cielo che intercedono per noi e dai defunti che sono nella grande Purificazione e per i quali noi preghiamo. Siamo in profonda comunione gli uni con gli altri.

“Credo la resurrezione della carne e la vita eterna”

“Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati”. Il Battesimo è il primo e principale Sacramento del perdono dei peccati, perché ci unisce a Cristo morto per i nostri peccati, risorto per la nostra purificazione, affinché “anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4). Ma noi sappiamo che continuiamo a peccare dopo il Battesimo. Il Cristo ha conferito ai suoi Apostoli il suo stesso potere divino di perdonare i peccati! Noi crediamo alla “remissione dei peccati”, al sacramento della riconciliazione che ci permette di ricevere efficacemente il perdono di Dio inaugurato per noi il giorno del nostro Battesimo. “Aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. Nel Simbolo degli Apostoli, precisiamo che noi crediamo “alla resurrezione della carne”, cioè che i nostri corpi riprenderanno vita. State tranquilli, questi saranno dei “corpi gloriosi”: saranno sempre i nostri, ma non sfigurati dalla vecchiaia, dalla disabilità, dalla malattia. A immagine del Cristo risorto: era proprio Lui con il suo corpo, ma si faceva fatica a riconoscerlo, e le porte chiuse a chiave non gli impedivano di raggiungere i suoi discepoli (Gv 20,19). Resuscitati, noi entriamo nella “vita eterna”. La vita eterna ci farà partecipe alla vita stessa di Dio ed entrare nello scambio amoroso delle tre persone divine. “L’eternità è lunga, soprattutto verso la fine….”, diceva un umorista. Anche in così buona compagnia, non si rischia di stancarsi, di trovare il tempo un po’ lungo come in una liturgia che non finisce più? Non dimentichiamo che, nella vita eterna, noi non saremo più nel tempo, non subiremo più il tempo che passa, ma saremo nell’eternità di Dio. L’eternità è come uno stupore che non finisce mai.

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