"La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture non mancando mai, soprattutto nella liturgia, di nutrirsi del pane della vita, sia della Parola di Dio, sia del Corpo di Cristo". (Concilio Vaticano II)

domenica 20 novembre 2011

Capire la Santa Messa - XXI Appuntamento

Torna l'appuntamento domenicale con la meditazione sul significato della Santa Messa, con gli approfondimenti di padre Leopoldo, Priore Francescano Conventuale della Chiesa di San Francesco di Brescia:

CAPIRE LA MESSA
21° PARTE

PADRE NOSTRO

LA PREGHIERA DI GESU’

Secondo il catechismo della chiesa cattolica, il Padre nostro è il «compendio di tutto il Vangelo», la «preghiera fondamentale», quella che contiene tutte le altre preghiere che si trovano nella Scrittura. Questa preghiera è unica, poiché è Gesù stesso che ce l’ha insegnata. Nel Vangelo la troviamo sotto due forme In due contesti differenti. In Matteo (6,9-13), il Padre nostro è nel cuore del discorso della montagna (cap. 5-7). Tra l’elemosina e il digiuno, Gesù invita alla preghiera. Egli chiede di non pregare come gli ipocriti che amano dare spettacolo di se (6,5), né di ripetere continuamente parole come i pagani che si immaginano che sia a forza di parole che verranno esauditi. (6,7). Al contrario, Gesù ci ingiunge di ritirarci nella nostra camera, e di rivolgere la nostra preghiera al nostro Padre che è lì nel segreto. Gesù ci invita a pregare con fiducia perché, dice, «il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate» (6,8). Aggiunge subito: «Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli…..» (6,9). In Luca (11,2-4), i discepoli trovano Gesù mentre sta pregando. Lo osservano, aspettando che abbia finito, e poi gli chiedono umilmente: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (11.1). Gesù risponde loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoni amo ad ogni nostro debitore, e non indurci in tentazione» (11,2-4). Gesù comunica le parole della sua preghiera; ci svela così la sua maniera originale di parlare con Dio e l’intimità che lo lega al Padre suo, ci indica come pregare il Padre suo che anche noi possiamo, seguendo il suo esempio e accogliendo il suo invito, chiamare «nostro Padre». Dire questa preghiera con lui ci fa entrare in una relazione filiale. Questa preghiera non è la domanda dei servi a un padrone, ma quella dei figli al loro Padre i quali possono dire: Abba, cioè: “Papà”. L’inserimento del Padre nostro nella liturgia è molto antico. Il suo posto all’inizio dei riti della comunione si spiega con la richiesta: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano». Il pane celeste che Dio ci dà è proprio quello dell’eucarestia. E poi, perché nel momento in cui stiamo per comunicarci insieme, manifestiamo con questa preghiera che siamo fratelli e sorelle, dal momento che abbiamo lo stesso Padre.

LA MONIZIONE DEL PADRE NOSTRO

Il messale romano propone alcune monizioni per introdurre la preghiera del Padre nostro: «obbedienti al comando del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire». Questa prima monizione ci invita a prendere coscienza di ciò che stiamo per fare: se noi «osiamo» rivolgerci a Dio dicendo «Padre», è perché Gesù stesso ce l’ha insegnato e ci invita a farlo con Lui. Una seconda monizione esprime il ruolo dello Spirito Santo, uno Spirito di filiazione che ci spinge a chiamare Dio Abba, «Papà». «Il Signore ci ha donato il suo spirito. Con la fiducia e la libertà dei figli diciamo insieme».


LE PAROLE DEL PADRE NOSTRO

Ammettiamolo: il Padre nostro è una preghiera che sappiamo a memoria, che ripetiamo spesso, ma pensiamo veramente ciò che diciamo?
«Padre nostro»: Gesù ci invita dunque a entrare nella sua intimità col Padre, a pregarlo con Lui dicendo: “Abba”. Noi riconosciamo che <dio è nostro Padre, e che noi siamo suoi figli. Dire «nostro» Padre ci stabilisce in una grande comunione, poiché siamo figli e figlie di Dio, il quale è il Padre di tutti. Questa preghiera ci esorta a superare le nostre divisioni e le nostre opposizioni, e ci apre alle dimensioni di tutta l’umanità.
«Che sei nei cieli»: vuol dire che Dio è lassù nei cieli, dietro le nuvole, come se lo possono immaginare i bambini…..Prévert ha pronunciato questa celebre battuta di spirito: «Padre nostro che sei nei cieli, restaci!». Il cosmonauta sovietico Gagarin, di ritorno da una missione spaziale, aveva dichiarato solennemente: «Ho scrutato bene il cielo, non ho trovato Dio». Non si tratta evidentemente di un luogo, ma piuttosto di una maniera d’essere: questa espressione designa la sua santità, la sua maestà. I cieli designano il mondo celeste, il mondo di Dio, quello al quale noi tendiamo con tutto il nostro cuore. Dopo questa introduzione, glorifichiamo Dio con tre invocazioni che concernono il suo nome, il suo regno e la sua volontà.
«Sia santificato il tuo nome»: Nella Bibbia, il nome designa tutta la persona. Il verbo santificare significa riconoscere come santo. Noi vogliamo dunque dire: tutti possano riconoscere la tua grandezza, la tua santità, che tu sei Dio! La testimonianza della nostra vita permetta ai nostri fratelli di conoscere il tuo nome!
«Venga il tuo regno»: Noi domandiamo al Padre che il suo regno d’amore, di giustizia e di pace possa crescere in noi e per mezzo di noi.
«Sia fatta la tua volontà». La volontà di Dio, se si crede in Gesù,
è che tutti siano salvati. Dire: Sia fatta la tua volontà, è lavorare in questo senso. Significa entrare in un atteggiamento di fiducia.
Con l’espressione «Come in cielo così in terra», letteralmente «come in cielo così sulla terra», noi domandiamo che la volontà di Dio sia fatta da noi così come è fatta dagli angeli e dai santi. Possiamo anche vedervi una transizione verso le richieste che seguono e che ci riguardano, come il pane e il perdono.
«Dacci oggi il nostro pane quotidiano»: dopo tre invocazioni di lode e prima di altre tre richieste per i nostri bisogni umani, questa è la preghiera centrale del Padre nostro. Questa richiesta comprende tutto ciò che concerne la nostra vita fisica e biologica (cibo, salute, abitazione, lavoro, ricerca della gioia e della verità, senso della vita ecc). noi manifestiamo la nostra fiducia in dio dal quale vogliamo ricevere tutto, tutto il nostro necessario per questo giorno.
«Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori»: il perdono è anch’esso una necessità per la nostra vita in società. E’ per questo motivo che Gesù insiste tanto sul perdono da dare agli altri prima di riceverlo da Dio. Egli sa bene che non è facile perdonare, e forse ancor meno chiedere perdono. Noi chiediamo a Dio di aiutarci.
«E non indurci in tentazione»: in questa preghiera risiede una grande difficoltà; potrebbe dare l’impressione che è Dio che ci spinge alla tentazione…..l’antica traduzione: «non lasciarci soccombere alla tentazione» era certo migliore (la nuova traduzione dice così: «Non lasciarci soccombere alla tentazione»). Bisogna dirlo chiaramente: non è Dio che ci tenta o che ci getta nella tentazione. Egli vuole al contrario liberarcene. Noi gli chiediamo di non lasciarci imboccare la via che conduce al peccato. Lo preghiamo di agire perché noi non entriamo in tentazione.
«Ma liberaci dal male»: Il male, dal quale chiediamo di essere liberati, è in primo luogo la malattia, l’incidente, la disgrazia, la fame, ecc. Gesù parla anche del «male morale» che sta alla radice degli altri mali, come la cattiveria, la crudeltà. Questo male morale comprende le devianze personali (peccato, inganno, menzogna, furto) e le devianze collettive (razzismo, guerre, schiavitù, ingiustizie). Gesù ci invita anche a chiedere al padre di liberarci dal Male con la “M” maiuscola, dal Malvagio, dal Tentatore. Egli stesso non è stato risparmiato da satana, e sa che anche i suoi discepoli dovranno lottare. Come ultima risorsa, Gesù si carica egli stesso di tutti questi mali, e ne esce vincitore per mezzo del perdono e dell’offerta di se stesso per noi, sulla croce.

L’EMBOLISMO

Embolismo significa letteralmente “intercalare”, “mettere dentro”. Nella liturgia, l’embolismno è la preghiera, recitata dal solo celebrante, che “si intercala” tra il Padre nostro e la dossologia. Essa sviluppa e amplifica l’ultima domanda del Padre nostro: “Liberaci dal male”, da dove precisamente derivano le sue prime parole: “Liberaci, o Signore, da tutti i mali”. Composta dalla chiesa di Roma al tempo in cui essa era vittima delle invasioni barbariche, questa è una preghiera di supplica pressante per far fronte alle avversità. Noi chiediamo al Signore anche il dono della pace, la liberazione dal peccato, la felicità promessa collegata all’ultima venuta di Cristo:
“Concedi la pace ai nostri giorni”: comprendiamo bene l’importanza di questa domanda. La pace è un dono prezioso, vitale per l’armoniosa esistenza dell’umanità. Portando il mondo intero nella nostra preghiera, imploriamo la pace per il nostro tempo, specialmente per tutte le regioni che vivono di pesanti conflitti armati, ma anche per la pace del nostro paese e nelle nostre famiglie.
“E con l’aiuto della tua misericordia, vivremo sempre liberi dal peccato”: Poiché Cristo si è offerto per il perdono dei peccati, la chiesa insiste perché la misericordia di Dio liberi i fedeli dai vincoli del peccato.
“E sicuri da ogni turbamento”: il verbo “rassicurare” è un po’ lezioso. L’espressione latina è più forte: ab omni perturbatione securi. Letteralmente: “da tutte le perturbazioni”, (turbamenti), “che noi siamo nella sicurezza, esenti dal pericolo”. Potremmo tradurre così: “Rendici forti davanti alle prove”. E’ dunque una bellissima domanda con la quale chiediamo al Signore la sua presenza e la sua forza per lottare contro le prove che incontriamo.
“Nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo”: La conclusione dell’embolismo ha una risonanza escatologica, ci orienta verso gli ultimi tempi. Questa felicità che noi attendiamo, o piuttosto questa “Beata speranza”, è proprio il ritorno di Cristo nella gloria.

LA DOSSOLOGIA DEL PADRE NOSTRO

L’embolismo del Padre nostro richiama una dossologia (“Parola di gloria”): “Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli!”. Questa dossologia è antichissima. Certo non si trova nel Vangelo (anche se è stata aggiunta in alcuni manoscritti del Vangelo secondo Matteo), ma risale al II secolo, o addirittura anche al I.
La si trova in ogni caso nella Didachè, uno dei testi cristiani più antichi. Questa formula non fa che riprendere un certo numero di dossologie che ornano la scrittura, come quella che troviamo nel libro dell’Apocalisse: “A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza nei secoli dei secoli” (5,13). La maggior parte delle chiese dell’Oriente e della Riforma utilizzano questa dossologia dopo il Padre nostro nella loro liturgia. Integrandola nella messa romana, il nuovo messale si congiunge alla tradizione delle altre chiese cristiane.

RICAPITOLANDO

Prima di fare la comunione, preghiamo il Padre con le stesse parole di Gesù, con la grande preghiera del Padre nostro. Questa preghiera ci prepara bene alla comunione, dal momento che chiediamo al Padre di darci il pane quotidiano. Questa preghiera è seguita da un embolismo che sviluppa tre temi che ritroveremo nel seguito dei riti della comunione: la pace, la liberazione del peccato, la felicità promessa collegata all’ultima venuta di Cristo. Essa si conclude con una dossologia aggiunta al Padre nostro nei primi secoli. Quando preghiamo il Padre nostro, prendiamo bene coscienza della portata di ogni domanda!

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