CAPIRE LA MESSA
18° PARTE
L’epiclesi e la consacrazione
Dopo il prefazio e il Sanctus, arriviamo alla consacrazione del pane e del vino con l’invocazione dello Spirito Santo (epiclesi) e le parole di Gesù nell’ultima cena (racconto dell’istituzione)
Una scelta di preghiere eucaristiche
Dopo il prefazio e il Sanctus, arriviamo alla consacrazione del pane e del vino con l’invocazione dello Spirito Santo (epiclesi) e le parole di Gesù nell’ultima cena (racconto dell’istituzione)
Una scelta di preghiere eucaristiche
Il Messale romano propone una decina di preghiere eucaristiche. La prima preghiera eucaristica è denominata Canone romano; prima della riforma della liturgia, era la sola preghiera eucaristica a disposizione. la seconda è stata composta a partire da una antichissima tradizione che si attribuisce a sant’Ippolito (inizio del III secolo). Mentre la terza si ispira anch’essa a testi liturgici antichi, la quarta è una magnifica composizione recente, vicina alle preghiere dei cristiani d’Oriente, che sviluppa tutta l’opera della salvezza dalla creazione, passando per l’Alleanza al tempo di Mosè, quindi per i profeti, per arrivare alla nuova Alleanza nel Cristo. A queste quattro preghiere principali, si aggiungo due preghiere eucaristiche per la riconciliazione, tre per le assemblee dei bambini, e un’ultima per le circostanze particolari e i grandi raduni con quattro varianti. Leggendo le pagine seguenti, vi invito a riferirvi a queste preghiere eucaristiche che troverete in tutti i messali. Per non dilungarci troppo, citeremo più particolarmente la seconda.
La prima epiclesi
Il celebrante riprende l’acclamazione del Sanctus che è stato appena cantato riaffermando la santità di Dio, prima di chiedergli di effondere il suo Santo Spirito sul pane e sul vino. “Padre veramente santo, a te la lode da ogni creatura. Per mezzo di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, nella potenza dello Spirito Santo fai vivere e santifichi tutto l’universo, e continui a radunare intorno a te un popolo, che da un confine all’altro della terra offra al tuo nome il sacrificio perfetto” (III). La domenica, giorno della resurrezione, e in occasione delle grandi feste, il Messale propone un’aggiunta in relazione alla festa del giorno. Ecco per esempio quella della pentecoste: “Per questo motivo siamo qui riuniti davanti a te, nella comunione di tutta la Chiesa, celebriamo il giorno santissimo della Pentecoste, nel quale lo Spirito Santo si è manifestato agli Apostoli con innumerevoli lingue di fuoco” (III).
Che cos’è l’epiclesi¹?
(¹la parola significa letteralmente una “chiamata sopra” “epi, su, sopra”, klesis dal verbo kaleo, “chiamare”.
L’epiclesi è una “invocazione”. Nella preghiera eucaristica, ci sono due epiclesi. La prima è l’appello rivolto al Padre perché invii il suo Spirito sul pane e sul vino affinché questi diventino il corpo e il sangue di Cristo; e la seconda è l’appello sulla comunità affinché essa sia santificata per la comunione al corpo e al sangue di Cristo.
Il padre Garneau ricorda che senza lo Spirito Santo non si può fare nulla: “Un tempo era occorso lo Spirito Santo perché il Cristo prendesse carne nel seno della Vergine Maria. Oggi, occorre ancora la forza dello Spirito Santo perché il pane diventi ancora il corpo di Cristo risorto e il vino il suo sangue. Occorre anche la presenza e la forza dello Spirito Santo perché tutti noi, che siamo riuniti per l’eucarestia diventiamo il corpo di Cristo! Ovunque qualche cosa di grande si compie nel nome di Dio, lo Spirito è lì. Niente si compie senza di Lui. Con Lui, tutto diventa possibile. Ciò che lo Spirito tocca, si ritrova consacrato, santificato”.
L’invocazione dello Spirito Santo sulle offerte
Noi chiediamo dunque al Padre di “santificare questi doni con l’effusione del tuo Spirito” sulle offerte, (II), di “mandare il tuo Spirito perché i doni che ti offriamo diventino il corpo e il sangue del tuo amatissimo Figlio, Gesù Cristo, nel quale anche noi siamo tuoi figli”(Riconciliazione I): “Ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri”. (III)
Questa prima epiclesi esprime dunque chiaramente che la transustanziazione (= cambiamento di sostanza del pane che diventa il corpo di Cristo e del vino che diventa il suo sangue) si opera per la potenza dello Spirito Santo. Noi ci mettiamo in ginocchio in segno di venerazione, di adorazione davanti al Signore che si rende presente mediante la venuta dello Spirito Santo e per mezzo delle parole efficaci del sacramento.
Le parole dell’istituzione
L’istituzione dell’eucarestia nell’ultima cena ci è riferita dai tre Vangeli sinottici come pure da S. Paolo². (² Mt26,26-28; Mc 14,22-24; Lc22,19-20; 1Cor 11,23-25).
Nella messa, noi riprendiamo il racconto dell’ultima cena. Ci sono alcune piccole varianti nella introduzione del racconto; queste sono interessanti, perché precisano l’intenzione di Cristo:
“Egli, venuta l’ora di essere glorificato da te, Padre Santo, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”(IV). “Egli, venuta l’ora di dare la vita per la nostra liberazione” (Riconciliazione II).
“Prima di stendere le braccia fra il cielo e la terra, in segno di perenne alleanza, Egli volle celebrare la Pasqua con i suoi discepoli” (Riconciliazione I).
Prima della sua morte sulla croce, Egli ci lasciò il segno più grande del suo amore” (Fanciulli II). “Egli offrendosi liberamente alla sua passione” (II).
Avvertiamo bene la chiara volontà del Signore di darsi liberamente e per amore al fine di salvarci. Seguono le parole di Cristo che sono le stesse in ogni preghiera eucaristica, ciò che facilita la celebrazione. Queste parole di Cristo sono accompagnate da quattro gesti che ne rischiarano il senso: Egli prese il pane, lo benedisse, lo spezzo e lo diede loro. “Nella notte in cui fu tradito, Egli prese il pane ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: “Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”.
Il sacerdote, in nome di Cristo. Prende il pane. Inchinandosi leggermente, in segno di rispetto e di venerazione, pronuncia queste parole lentamente, distintamente. Ogni parola ha la sua importanza: “Questo” designa il pane, frutto della terra e del lavoro degli uomini. Gesù lo benedice sottolineando così che questo pane è un dono di Dio. Questo pane spezzato e distribuito tra tutti unirà coloro che ne mangeranno: dato da Gesù ai discepoli, è fattore di comunione fra loro e Lui.
“Il mio corpo” designa tutta la persona di Gesù. E’ il corpo di Cristo morto, resuscitato e glorificato che noi riceveremo.
“E’”: questo pane è il mio corpo. Come è possibile? Noi vediamo sempre del pane….. Ma Gesù ha proprio detto questo è il mio corpo, e non questo rappresenta il mio corpo. Poiché Egli è il Figlio di Dio, noi sappiamo che realizza ciò che dice. D’ora in avanti, anche se i nostri sensi non percepiscono che del pane, crediamo che questo pane è diventato realmente corpo di Cristo.
“offerto per voi”: E’ per noi che il Cristo si è offerto, affinché noi abbiamo la vita, la salvezza. Noi siamo coinvolti in questo sacrificio.
“Prendete e mangiate”: è un appello a ricevere, a prendere nelle proprie mani e a non rimanere dei semplici ascoltatori. Queste parole implicano una relazione, e più ancora una reciproca abitazione di Cristo in colui che lo riceve e inversamente: “Colui che mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e Io dimoro in lui” (Gv 6,56). Durante la consacrazione, il sacerdote parla a nome di Cristo, non forma più che una cosa sola con Lui, si dà con Lui; evidentemente non è il suo proprio corpo che egli dà da mangiare, ma quello di Cristo.
Ascoltiamo il seguito del racconto con la consacrazione del vino: “Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli e disse: “Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”.
Il sangue è quello della nuova alleanza, un’alleanza definitiva, che non ha più bisogno di essere continuamente ricominciata come nell’Antico Testamento. Il sangue è versato per noi e per la moltitudine di tutte le età e di tutti i tempi.
E’ versato “in remissione dei peccati”, perché il sacrificio di Cristo, che ha preso su di sé tutte le nostre colpe, ci ottiene il perdono. Gesù aggiunge questa piccola affermazione che dà pienamente senso a ciò che noi celebriamo: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19). Se noi ci riuniamo per celebrare la messa, è prima di tutto per rispondere a questo invito. Gesù ci invita a rivivere il dono del suo corpo e del suo sangue, perché possiamo, anche noi, oggi, raccoglierne i frutti di salvezza. Comprendiamo bene la solennità di questo grande momento. Dopo la consacrazione, il sacerdote mostra all’assemblea il pane divenuto corpo di Cristo e il vino divenuto sangue di Cristo. Noi possiamo brevemente adorare il Signore. Quando il sacerdote eleva l’ostia e il calice, un ministrante può incensarli. E’ talvolta usanza suonare una campanella per sottolineare la venuta di Cristo. Poi il celebrante fa una genuflessione in segno di riconoscenza e di adorazione della presenza di Cristo.