"La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture non mancando mai, soprattutto nella liturgia, di nutrirsi del pane della vita, sia della Parola di Dio, sia del Corpo di Cristo". (Concilio Vaticano II)

venerdì 12 agosto 2011

Itinerari di fede - VII appuntamento

Torniamo a meditare attraverso il nuovo percorso ricco di diversi itinerari, sempre scritti dalla mano di padre Leopoldo, Priore Francescano Conventuale della Chiesa di San Francesco di Brescia (ringraziamo sempre Enza per l'opera non facile di trascrizione):  

ITINERARI

LA TIEPIDEZZA
 
Come ciechi e "affaticati" cadiamo nella: Tiepidezza. Se il cristiano cade nella tiepidezza perde la gioia e, per colpevole negligenza, allontana dalla mente e dal cuore l'immagine di Cristo: non lo vede e non lo ascolta. La tiepidezza è il pratico disprezzo dell'orazione e del sacrificio quotidiani, è il pensare "soltanto a se stessi e alle proprie comodità", è mancanza di finezza nel rapporto con Dio, è poca delicatezza, è "malavoglia nelle cose che si riferiscono al Signore", è l'amor proprio che porta ad agire per motivi umani. La santità del cristiano, invece, sta nell'amore e nella devotio, cioè nella fede amorosa e nell'amore che crede. La tiepidezza è davvero una grave malattia dell'amore, e può colpire in qualsiasi età della vita interiore. Causa della tiepidezza è sempre lo scoraggiamento, la mancanza di speranza, di fede e di carità. San Tommaso definisce la tiepidezza come "una certa tristezza che rende l'uomo tardo a compiere gli esercizi dello spirito, a causa della fatica del corpo". San Tommaso, inoltre ci dice che la devozione, è come "la volontà decisa a impegnarsi in tutto ciò che appartiene al servizio di Dio". Questa devozione scompare, invece, nello stato di tiepidezza. Essa è sterile e dannosa, mentre l'aridità purifica l'anima e la conduce a una maggiore unione con Dio. Sono poche le cose desiderate così fortemente nella vita quanto la gioia e la felicità. Si ha l'impressione, talvolta, che queste parole-felicità, gioia, pace- esprimano realtà che somigliano a rare monete da collezione, di grande valore e difficili da reperire. La tranquillità l'hanno chiamata pace; la risata fragorosa, allegria; il piacere effimero, felicità; e così via. La vera gioia e la vera pace si trovano in Dio; al di fuori di lui non potremmo mai raggiungerle. Un giorno, rivolgendosi ai discepoli, il Signore disse: “Beati i vostri occhi perché vedono i vostri orecchi perché sentono”. La gioia- dice san Tommaso- è il primo frutto dell’amore e, pertanto, della donazione. Dimmi dove sta la tua felicità, potremmo dire, e ti dirò dov’è il tuo cuore. Noi siamo felici quando il Signore è dentro la nostra vita, quando non lo perdiamo di vista, né i nostri occhi sono appannati dalla tiepidezza o dalla mancanza di generosità. E’ in Cristo la nostra speranza. Poichè Cristo vive: Cristo non è un uomo del passato, che visse un tempo e poi se ne andò lasciandoci un esempio meravigliosi. La gioia cristiana ha una natura speciale: sa mantenersi salda in mezzo a tutte le bufere della vita, anche nei momenti più oscuri. Quando un cristiano è infelice e triste, vuol dire che qualcosa non va proprio nella sua anima. La fede è la sorgente della gioia cristiana. Il nostro ottimismo non si basa su ragioni umane, ma ha il suo fondamento in Dio. Chi vive della fede incontrerà difficoltà e lotta, dolore e anche amarezza, mai però lo scoraggiamento o l’angoscia, perché sa che la sua vita è utile, sa il perché della sua esistenza terrena. Quando ci sembra che tutto crolli davanti ai nostri occhi, non crolla nulla, perché “ Tu sei il Dio della mia difesa” Per di più senza ostacoli non ci sarebbe la possibilità di vincere, ne le virtù potrebbero raggiungere il livello richiestoci da Gesù. L’uccello può volare non solo perché ha le ali, ma anche per la resistenza dell’aria. Lui solo è sicuro baluardo che resiste a tutto; non vi è tristezza che Egli non possa curare. “Non temere, soltanto abbi fede” Tutti abbiamo bisogno di felicità. Paul Claudel, dopo la conversione, era solito ripetere: “Dite a tutti che l’unico dovere è la felicità” Perché essa è il segno che amiamo il Signore e che stiamo facendo un gran bene agli altri e a noi stessi. Dobbiamo essere come i primi cristiani: il loro modo di vivere attraeva per la pace e l’ottimismo con cui affrontavano i piccoli impegni quotidiani, o per la serenità davanti al martirio. Così dobbiamo essere noi, cristiani di oggi: seminatori di pace e di gioia, della pace e della gioia che Gesù ci ha guadagnato. La casa di una famiglia cristiana dev’essere allegra, perché la vita soprannaturale da slancio alle virtù della generosità, della cordialità, dello spirito di servizio… tanto strettamente legate alla gioia. La gioia di Dio è la nostra grande forza e un potente alleato nell’apostolato, perché ci aiuterà a trasmettere il messaggio di Gesù in modo amabile.

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