Torna l'appuntamento con la meditazione sul significato della Santa Messa, con gli
approfondimenti di padre Leopoldo, Priore Francescano Conventuale della
Chiesa di San Francesco di Brescia:
CAPIRE LA
MESSA
24° PARTE
I RITI DELLA
COMUNIONE
La comunione del sacerdote e dei fedeli
Il celebrante e i ministri
ordinati si comunicano con rispetto dicendo innanzitutto a voce bassa: “il
corpo di Cristo mi custodisca per la vita eterna. Il sangue di Cristo mi
custodisca per la vita eterna”. Questa invocazione riprende la promessa di
Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo
risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,54). Ogni comunione fa crescere in noi la
vita eterna ricevuta con il nostro battesimo.
I ministri ausiliari dell’eucarestia
Se il sacerdote è solo o
se i ministri ordinati non sono abbastanza numerosi per dare la comunione a una
grande assemblea, si faranno aiutare dai ministri ausiliari della comunione.
Dopo aver seguito una formazione, i ministri ausiliari della comunione ricevono
un mandato dal vescovo. Essi hanno anche la bella missione di portare la comunione
alle persone malate e anziane.
Tendere le mani verso l’eucarestia
I fedeli, contrariamente
ai ministri ordinati, non prendono il corpo di Cristo, essi lo ricevono dal
ministro che lo dà loro. Questo bel gesto da mettere in relazione con l’ultima
cena nella quale i discepoli hanno ricevuto il pane e il vino dalle mani di
Gesù, ricorda che l’eucarestia è un dono, il dono di Cristo nella cena e sulla
croce. Nessun dono è più prezioso di questo. Ciascuno sceglie, secondo l’uso
locale e la sua propria sensibilità, di ricevere la comunione in bocca,
seguendo l’abitudine adottata nel Medioevo oppure tenendo le mani come la
chiesa autorizza dalla riforma liturgica dopo il Vaticano II, e secondo
l’antichissima consuetudine cristiana. Così, san Cirillo, vescovo di
Gerusalemme nel IV secolo, spiega ai neofiti: “Udendo dunque l’invito, non
avvicinarti con le palme delle mani spalancate o con le dita distanziate. Ma
nella mano sinistra fa un trono per la destra che riceverà il Re. Ricevi il
corpo di Cristo nel cavo della tua mano e rispondi: Amen” l’Amen che noi
pronunciamo è una vera professione di fede: si, è proprio vero, è il corpo e il
sangue di Cristo che io ricevo, è il Signore che si dà a me e che io voglio
accogliere con tutto il mio cuore; Egli viene a dimorare in me perché io dimori
in Lui e sia sempre più suo discepolo. “Se voi siete il corpo di Cristo e i
suoi membri, scrive sant’Agostino, è il sacramento di ciò che voi siete che
viene deposto sulla mensa del Signore; è il sacramento di ciò che voi siete che
voi ricevete. E’ a ciò che voi siete che voi rispondete Amen. Questa risposta è
la vostra firma. Tu ascolti in effetti “Corpo di Cristo”. E rispondi: “Amen!”.
Sii membro del corpo di Cristo perché il tuo Amen sia vero!”.
Diventare il corpo di Cristo
Comunicandoci noi
diventiamo ciò che riceviamo. E’ dunque il contrario di ciò che accade abitualmente:
quando mangiamo assimiliamo un alimento che perde la sua sostanza. Così, quando
mangio del coniglio, non divento un coniglio (fortunatamente); è il coniglio
che cessa di esistere in quanto tale e che “diventa” me. Ma quando noi ci
comunichiamo, se vi consentiamo, perché il Signore rispetta sempre la nostra
libertà, è il Cristo che ci “assimila” perché noi siamo uniti a Lui. Così
possiamo dire con san Paolo: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me”” (Gal
2,20).
La comunione sotto le due specie
La chiesa incoraggia,
quando ciò è possibile, la comunione sotto le due specie del pane e del vino.
Certamente, anche ricevendo soltanto il corpo di Cristo, i fedeli comunicano
pienamente al Cristo totale, ma noi non rispondiamo perfettamente all’invito di
Cristo che, dando il calice ai suoi discepoli ha detto: “Bevetene tutti” (Mt
26,27)
La frequenza della comunione
Nei primi secoli i fedeli
si comunicavano spesso e si portavano anche a casa del pane consacrato per fare
la comunione durante la settimana. Poi, al fine di sottolineare la grandezza di
questo sacramento , si è arrivati a comunicarsi meno sovente, e anche soltanto
qualche volta all’anno. Il Concilio di Trento incoraggiò la comunione frequente
e il Papa Pio X la ristabilì effettivamente. La chiesa ci invita dunque a
comunicarci ogni domenica e anche, se ciò è possibile, ogni giorno. Il fedele
che partecipa pienamente a una seconda messa nello stesso giorno ha la
possibilità di comunicarsi una seconda volta. Facciamo tuttavia attenzione a
non comunicarci per abitudine seguendo il movimento della folla, ma accogliendo
con tutto il nostro cuore il Signore che si fa cibo per noi.
L’azione di grazie
Dopo aver ricevuto un così
grande “Tesoro”, è bene fermarsi un momento al fine di potersi rendere conto di
ciò che è appena accaduto, di accogliere la presenza del Signore che viene a
dimorare in noi. Tuti i liturgisti che ho consultato insistono sull’importanza
del silenzio che segue la comunione. A proposito di questo momento di
ringraziamento san Tommaso Moro (Thomas More) diceva: “Avendo ricevuto nostro
Signore, avendolo presente nel nostro corpo, non lo lasceremo tutto solo per
occuparci di altre cose senza più fare alcun caso a Lui: solo un maleducato
tratterebbe in questo modo l’ultimo degli invitati. Gesù sia la nostra unica
occupazione. E’ questo il momento di rivolgerci a Lui con una preghiera
fervente, di intrattenerci con Lui con ferventi meditazioni”.
Che tristezza vedere la
gente che scappa subito dopo la comunione! Un bambino, mentre sua nonna voleva
andarsene subito dopo la comunione senza riservare un momento al ringraziamento
le disse: “Ma nonnina! Il Signore non ha finito!”. San Filippo Neri vedeva che
diversi parrocchiani uscivano dalla chiesa dopo aver ricevuto la comunione,
senza concedersi il tempo di ringraziare il Signore per il dono della propria
carne. Un giorno lui mandò due ministranti con delle candele ad accompagnare
questi parrocchiani all’uscita della chiesa. Questi furono sorpresi e turbati e chiesero al santo padre che cosa ciò
significasse. Filippo Neri disse loro:
“Ho mandato i ministranti semplicemente per accompagnare il Santo
Sacramento che hai ricevuto alla comunione affinché ringraziassero e lodassero
il Signore al posto tuo”. Avendo ricevuto il signore, essendo così intimamente
uniti a Lui, possiamo confidargli tutto. Possiamo intercedere per quelli che
soffrono, e anche comunicarci per quelli che non vengono, chiedendo a Dio di
riversare nel loro cuore le stesse grazie che riceviamo noi. Capite bene ora
l’importanza di questo tempo di silenzio dopo aver ricevuto il Signore.
Silenzio di raccoglimento. Silenzio di intimità con il Cristo. Silenzio di
adorazione e contemplazione. Silenzio d’intercessione. Quale danno che il
silenzio del dopo comunione non venga rispettato, o che sia così breve che si
abbia appena il tempo di abbeverarsi! Dieci, quindici secondi….., come se si
avesse fretta di ripartire! E’ nel silenzio che Dio lavora i cuori e agisce. E’
tempo di riscoprire il valore del silenzio nella liturgia.
Il canto di comunione
Questo canto di comunione
permette all’assemblea di rendere grazie tutti insieme per il dono ricevuto e
di meditare questo grande mistero. La corale può anche cantare mentre i fedeli
si comunicano, e lasciare posto al silenzio dopo la comunione. Se non ci sono
canti, come per esempio nelle messe della settimana, il sacerdote può leggere
l’antifona proposta nel Messale. Queste antifone sono tratte dalla Bibbia,
prese in prestito principalmente dai Vangeli e dai salmi. Variando a seconda
della festa o del tempo liturgico, esse sono offerte alla nostra meditazione.
Così, per la solennità dell’Ascensione il messale propone: “Ecco, io sono con
voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Per la festa del
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo: «Dice il Signore: “Chi mangia la mia carne e beve il
mio sangue, rimane in me, e io in lui”» (Gv 6,56).
La preghiera dopo la comunione
I riti della comunione si
concludono con una preghiera, una “Colletta” che il sacerdote dice a nome di
tutti. E’ l’ultima delle tre orazioni variabili della messa dopo la preghiera
di apertura e quella sulle offerte. In questa preghiera noi chiediamo al Padre
che questa comunione porti abbondanti frutti e ci faccia crescere verso la vita
eterna. Imploriamo anche la forza dello slancio missionario perché possiamo
testimoniare ciò che abbiamo ricevuto. Prendiamo, per esempio, la preghiera
della tredicesima domenica ordinaria; insiste sulla vita divina che abbiamo
ricevuto e che è chiamata a portare frutto: “La divina eucarestia, che abbiamo
offerto e ricevuto, Signore, sia per noi principio di vita nuova, perché, uniti
a te nell’amore, portiamo frutti che rimangono per sempre. Per Cristo nostro
Signore.
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