CAPIRE LA
MESSA
25a PARTE
LA MESSA E’
FINITA, ANDATE
La benedizione e l’invio
E siamo alla quarta e
ultima parte della messa, con i riti brevissimi dell’invio: un ultimo dialogo,
la benedizione e il congedo. In alcune parrocchie questi riti sono preceduti da
alcuni avvisi e informazioni sugli eventi della settimana.
Precisiamo subito che non
si tratta di un fine – non si “conclude” la messa, anche se si sente talvolta
qualcuno dire: “Finisce presto?” – ma di un invio: noi stiamo per ripartire, forti
di ciò che abbiamo vissuto, ascoltato e ricevuto. La struttura dei riti
dell’invito è del tutto simmetrica a quella dei riti di apertura.
La benedizione finale
La benedizione comincia di
nuovo con il dialogo: “Il Signore sia con voi”. “E con il tuo spirito”. Ripreso
al termine della celebrazione, questo dialogo riafferma con più forza ancora la
presenza di Gesù in mezzo ai suoi. Dopo essersi comunicato, e dopo che anche i
fedeli si sono comunicati, il celebrante augura ai fedeli di continuare a vivere
alla presenza del Signore. Poi il sacerdote benedice l’assemblea da parte del
Signore. Questa benedizione finale implora la protezione del Padre, del Figlio
e dello Spirito su coloro che stanno per ripartire. Essa chiede che rimangano
in loro i doni che hanno ricevuto, perché continuino a vivere dello Spirito
dell’eucarestia che hanno appena celebrato. Questa benedizione si radica
nell’AT dove i sacerdoti erano invitati a benedire l’assemblea al termine di
ogni celebrazione liturgica. Il libro dei Numeri riporta anche una formula che
si può ancora utilizzare: “Il Signore parlò a Mosè e disse: “Parla ad Aronne e
ai suoi figli dicendo: “ Così benedirete gli Israeliti e direte loro: Ti
benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il
suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti dia
pace”. (6, 22-27). E’ la benedizione di Dio che viene invocata. E’ lo stesso
per la benedizione del sacerdote alla fine della messa: “Vi benedica Dio
Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo”. Questa benedizione finale ricorda
anche l’ultimo gesto di Gesù, alla fine del Vangelo di Luca, che è stato
elevato al cielo mentre benediceva i suoi discepoli: “Poi li condusse fuori
verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò
da loro e veniva portato su, in cielo” (24,50-51).
Allo stesso modo, prima di
rimandare i fedeli nel mondo ad annunciare ai loro fratelli la resurrezione di
Cristo, il sacerdote eleva le mani su di loro, li segna con il segno della croce
e invoca su di loro la benedizione di Dio. Nelle grandi feste il Messale
prevede una benedizione solenne e più ampia, essa sviluppa il mistero
festeggiato in questo giorno. I fedeli ricevono attivamente la benedizione
rispondendo Amen a ogni invocazione. Ecco la benedizione solenne nella notte di
Pasqua:
─ In
questa santa notte di Pasqua, Dio Onnipotente vi benedica e vi custodisca nella
sua pace. – Amen.
─ Dio,
che nella Pasqua del suo Figlio ha rinnovato l’umanità intera, vi renda
partecipi della sua vita immortale. ─ Amen.
─ Voi, che dopo i giorni
della passione celebrate con gioia la resurrezione del Signore, possiate
giungere alla grande festa della Pasqua eterna. ─ Amen.
─ E la benedizione di Dio
onnipotente, Padre, Figlio e Spirito santo, discenda su di voi e con voi
rimanga sempre. ─ Amen.
Il Messale propone anche
altre benedizioni solenni per circostanze particolari come una festa
parrocchiale, una consacrazione, un battesimo, ecc.
Esiste una formula di
benedizione riservata ai vescovi: ─ Sia benedetto il nome del Signore. ─ Ora e sempre. ─ Il nostro aiuto è nel nome del
Signore. ─ Egli ha fatto cielo e terra. ─
Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito santo. ─ Amen.
Il vescovo traccia allora
sull’assemblea un triplice segno di croce, segno di pienezza della benedizione
che egli dà, in quanto successore degli Apostoli, da parte del Signore.
Il congedo
La messa si conclude con
le parole dell’invio, che sono normalmente pronunciate dal diacono (oppure in
sua assenza dal presbitero): “La messa è finita: andate in pace”. La versione
originaria latina è più concisa ma anche più cruda: Ite, missa est, “Andate
questo è il rinvio”. In effetti, come abbiamo visto nel primo capitolo, la
parola latina missa significa “azione di lasciare andare”, “rinvio”. Il Signore
ci invia, come ha inviato un tempo i suoi discepoli: “Andate in tutto il mondo
e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16, 15). “Andate dunque e fate discepoli
tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io
sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”
(Mt 28, 19-20) . La messa
in chiesa è finita, è dunque la missione nel mondo che incomincia. Noi ci siamo
lasciati radunare dal Signore, ora siamo invitati per vivere concretamente
questa fraternità con i nostri fratelli, e con le nostre sorelle in umanità.
Abbiamo ascoltato la Parola di Dio, l’abbiamo meditata e acclamata, ora siamo
invitati al fine di metterla in pratica e di testimoniarla. Abbiamo reso grazie
a Dio nel corso della preghiera eucaristica, ora siamo inviati per proseguire
nell’azione di grazie, scoprire l’azione del Signore nella nostra vita e la
bellezza delle sue opere, e aiutare coloro che non hanno speranza. Abbiamo
ricevuto Cristo che si è dato per amore fino alla fine, ora siamo inviati per
dare la nostra vita come Egli ha dato la sua, per amare e perdonare come Lui.
Abbiamo pregato per la pace e interceduto per coloro che soffrono, ora siamo
inviati per agire concretamente, consolare coloro che faticano, riconfortare
coloro che soffrono e costruire la pace intorno a noi. Con un ultimo grido di
gioia e di fede, l’assemblea esprime la sua riconoscenza per questa eucarestia:
“Rendiamo grazie a Dio”. A Pasqua durante l’ottava seguente e a Pentecoste,
fine del tempo pasquale, si aggiungono degli Alleluia a questo dialogo di
congedo che è, se possibile, cantato: ─ La messa è finita: andate in pace.
Alleluia, Alleluia. ─ Rendiamo grazie a Dio. Alleluia, Alleluia.
Nietzsche diceva: Crederei
più facilmente se i cristiani avessero una faccia da salvati”. E noi, che
faccia abbiamo quando usciamo dalla chiesa? Alcune parrocchie e comunità
religiose hanno preso la bella abitudine di concludere la messa con un canto
alla Vergine Maria; è con Lei che noi vogliamo ripartire e meditare tutti
questi avvenimenti nel nostro cuore.
Padre Leopoldo si commiata
da noi con un suo pensiero: “Siamo così arrivati al termine di questo
itinerario sulla santa messa. Ho iniziato invitandovi ad essere curiosi come
quando riceviamo un nuovo apparecchio e ad approfondire ciò che viviamo in ogni
messa. Spero che questo scopo sia stato raggiunto nel corso di questi
venticinque capitoli.
Non so quante siano le
persone che hanno avuto la “forza e la costanza” di seguire tutto il percorso
di questa catechesi….. Mi piace pensare che forse qualcuno ne ha tratto
giovamento. E anche se non abbiamo capito proprio tutto della messa ─ è
impossibile, talmente grande è il mistero ─, potremo tuttavia vivere la messa
in modo più profondo. E’ un grande mistero, ma è un mistero d’amore”.
Un grazie di cuore a P.
Leopoldo, ex Priore Francescano della Chiesa San Francesco di Brescia per il
bellissimo insegnamento che ha voluto lasciare a tutti noi. Dio la benedica
Padre Leopoldo!