"La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture non mancando mai, soprattutto nella liturgia, di nutrirsi del pane della vita, sia della Parola di Dio, sia del Corpo di Cristo". (Concilio Vaticano II)

giovedì 30 giugno 2011

Itinerari di fede - I appuntamento

Cominciamo a meditare attraverso un nuovo percorso ricco di diversi itinerari, sempre scritti dalla mano di padre Leopoldo, Priore Francescano Conventuale della Chiesa di San Francesco di Brescia (ringraziamo sempre Enza per l'opera non facile di trascrizione):


ITINERARI

La direzione spirituale
Parte “A”

Imparare a prestare attenzione al disegno di Dio, che si fa strada attraverso gli avvenimenti, è imparare a riconoscere la Sua voce.
Ci sono nella Chiesa molti aiuti dal punto di vista oggettivo e generale, che ci permettono di comprendere dove il Signore ci sta conducendo (omelie, catechesi, liturgia,...), ma la via privilegiata che ci aiuta a comprendere è la direzione spirituale.
Un’attenta e prudente direzione spirituale si pone come strumento che favorisce la sintesi delle varie esperienze e le orienta alla crescita umana e cristiana, nella prospettiva della ricerca vocazionale. Essa spinge ad un cammino (suppone quindi la volontà di muoversi) che va al di là di quello che la persona è, o pensa di essere: lo Spirito tende a muovere, a configurare a Cristo.
Tappe fondamentali della direzione spirituale:
1) Lavoro di ricerca e di sviluppo delle doti personali positive, delle attitudini, dei desideri, delle virtù umane e cristiane.  La direzione spirituale qui tende a far cogliere, alla luce della fede, che la storia personale e il nostro oggi, ricchi di doni, sono voluti da Dio.
2) Lavoro di purificazione. Non si può essere ingenui o falsamente ottimisti: ci sono in ognuno carenze, difetti, vizi ed egoismi.  Qui la direzione spirituale diventa invito alla conversione per un graduale cambiamento nella preghiera, nel carattere, nell’uso del tempo, nell’attenzione ai doveri quotidiani...
3) Lavoro di conduzione a Cristo e confronto con Lui, che è il Signore e il centro della vita. La direzione spirituale avvia un lavoro di crescita dell’uomo secondo lo Spirito.  Qui entra in chiave personale l’educazione alla preghiera, ai sacramenti, all’ascolto della Parola, alla contemplazione di Cristo amico, Figlio di Dio e modello perfetto dell’uomo.
4) Lavoro di discernimento vocazionale, di orientamento, di apertura al progetto di Dio sulla propria vita con attenzione alle attitudini, alle possibilità di servizio e di impegno a tempo pieno per il Regno di Dio.

La direzione spirituale
Parte “B”

La guida spirituale
La guida spirituale è una persona che si offre di camminare insieme a te verso l’unica meta: Gesù; sia chi guida che chi è guidato, nel cammino verso il Signore, cresce e perfeziona la sua maturità umana e spirituale. Tuttavia tra la guida e il diretto non deve esserci un atteggiamento paritario altrimenti non si trova aiuto.
La guida spirituale è necessaria per imparare a leggere con obiettività la tua situazione e verificare se la risposta e l’impegno che metti nelle cose sono frutto di una fedeltà alla volontà di Dio, o piuttosto decisione che scaturisce dalla nostra caparbietà.
La guida però non è il protagonista della direzione spirituale, protagonista è lo Spirito Santo.
Una cosa importante che puoi e devi fare per la persona che ti segue spiritualmente è pregare per lei: la tua guida ha bisogno di luce per vedere bene te e per conoscere il piano che Dio ha su di te; la bisogno di intelligenza per indicarti la strada giusta, che non è sempre la più breve e la più piacevole; ha bisogno di pazienza per saper attendere e rispettare i tuoi momenti di crescita.

Ricordati: è necessario che tu chieda esplicitamente a questa persona di Dio se si sente di assumere la responsabilità della tua crescita. Oltre ad avere il tempo a disposizione per ascoltarti con regolarità, essa deve possedere una certa maturità spirituale ed avere esperienza dei diversi cammini di fede.
Tuttavia non credere che la tua guida spirituale possa “leggerti” immediatamente né, tanto meno, sostituirsi a te, al tuo impegno e alle tue decisioni. Tu solo ne sei responsabile! Essa potrà solamente aiutarti a capire, spesso dentro uno spazio abbastanza lungo di tempo, qualcosa del tuo mistero, decifrando le tue costanti.

La guida spirituale
Parte “C”

Il dialogo spirituale
Il dialogo che si instaura tra il diretto e la guida aiuta a comprendere le motivazioni più ampie che sottostanno alle scelte, motivazioni che si arriva a fare proprie e quindi ad amare perché in esse si crede fermamente.

Caratteristiche per la buona riuscita del dialogo:
        la più assoluta fiducia reciproca; l’amore di entrambi per la verità;
        la limpidezza; la chiarezza dei discorsi;
        la libertà di qualsiasi riserva o pregiudizio, che fa sentire accolti e capaci di accogliere sempre;
        la docilità e l’obbedienza da una parte e la fermezza dall’altra, che vanno di pari passo, attingendo direttamente alla scuola di Gesù, unica vera guida spirituale;
        una buona dose di umiltà da entrambe le parti;
        fedeltà al calendario prefissato e non agli umori personali (ma se senti la necessità dell’incontro può essere anche più spesso);
        vita di preghiera di entrambi.
Attenzione:
        non si fa direzione spirituale per telefono;
        non si parla mai per mezzo di altri.

Di cosa parlare?
        Puoi cominciare col rileggere la tua storia nelle sue tappe più salienti, manifestando anche i doni che hai scoperto in te, le aspirazioni più segrete, che tuttavia ti ritornano costantemente. Tutto questo per riconoscerti all’interno di una storia d’amore in cui Dio ha fatto il primo passo verso di te e in cui ti scopri protagonista insieme a Lui.
        Successivamente, puoi rispondere a questa domanda: «Che cosa ho fatto del mio Battesimo?» Rileggi perciò la tua maturazione di fede nei suoi ritmi di crescita, gli incontri che ti hanno segnato positivamente, i momenti in cui sei giunto alla certezza di essere amato da Dio come un suo figlio.
        Descrivi poi i momenti bui, le tentazioni lungo il tuo cammino di fede, quando ti è stato difficile riconoscere la presenza del Signore nella tua vita o hai dubitato del suo amore.
        Leggi criticamente il tuo presente con le sue inquietudini (i tuoi problemi religiosi, affettivi, morali, vocazionali, famigliari), ma non dimenticare le tue bellezze interiori.
Chi ti ha messo in cuore il desiderio di giungere a una fede più matura e a un sì più convinto ti darà la luce necessaria perché tu possa esprimere nell’operosità quotidiana la freschezza di una vita evangelicamente vissuta.

domenica 26 giugno 2011

Capire la Santa Messa - II Appuntamento

Torna l'appuntamento domenicale con la meditazione sul significato della Santa Messa, con gli approfondimenti di padre Leopoldo, Priore Francescano Conventuale della Chiesa di San Francesco di Brescia:


N° 2
LA RIUNIONE DELLA CHIESA

LA CHIAMATA DELLE CAMPANE
Le campane hanno una magnifica funzione: essere la voce di Dio che chiama quelli e quelle che credono in Lui perché vengano a trovarlo. Piccoli e grandi, malati e sani, ricchi e poveri, santi e peccatori, le campane invitano tutti. Il suono delle campane ci ricorda che la messa non è una riunione segreta alla quale sarebbero convocati solo gli iniziati. Tutti possono venire. Nello stesso tempo, le campane lasciano liberi. Anche se suonano un po’ forte, si possono ignorare, e si può continuare a dormire: Dio non viene a farci uscire dal letto….. quando non suonano per una messa, la funzione delle campane, oltre a quella di indicarci l’ora, è quella di chiamarci alla preghiera. E’ questo il senso del suono al mattino, a mezzogiorno e alla sera.
Poiché le campane sono la “voce di Dio” che ci invita alla messa o alla preghiera, perché non avere un pensiero per il Signore, una preghiera breve, quando sentiamo suonare le ore?
Quando arriva l’ora della messa, le campane ci invitano a metterci per strada, a prepararci a questo grande avvenimento; esse ci ricordano anche che siamo invitati, convocati da Dio per fare Chiesa.

COME PREPARARSI ALLA MESSA?

Un appuntamento amoroso, un incontro importante, un corso da tenere, tutto ciò si prepara. Un professore o un catechista capirà molto velocemente se una lezione è stata sufficientemente preparata….. abbiamo visto che la messa è un’“azione santa” che richiede una partecipazione attiva dell’assemblea. Per partecipare attivamente, bisogna prepararvisi. Dalla nostra preparazione dipenderà la nostra maniera di vivere la messa. Un tempo, i cristiani indossavano i vestiti belli della domenica per andare a messa. Oggi, per quelli che durante la settimana lavorano in “giacca e cravatta”, è piuttosto l’inverso: essi si vestono cool la domenica. Ma non è questo l’importante, bensì lo spirito: si potrebbe molto semplicemente “vestire a festa” il cuore. Il mezzo migliore resta sicuramente il sacramento della riconciliazione. Ci fu un tempo in cui non ci si poteva comunicare senza prima essersi confessati. Ora è il contrario, non ci si pensa proprio…. La chiesa tuttavia lo richiede in casoo di peccato grave. Ma, anche senza colpa grave, quanto è bene ricevere il Signore in un cuore che Lui stesso ha purificato! Ecco un altro mezzo ancor più alla nostra portata. Quando si va all’opera, soprattutto se il dramma è recitato in una lingua che non si padroneggia, si legge la presentazione del piéce, così si comprende meglio la trama. Perché non prepararci alla messa leggendo in anticipo i testi biblici che saranno proclamati? Possiamo facilmente procurarci un “Messale delle domeniche”, oppure abbonarci ad una rivista che ci offre ogni giorno i testi della liturgia. Una lettura fatta in anticipo ci permetterà di essere più ricettivi della Parola di Dio, e più attenti all’omelia!
Poi, c’è il nostro ingresso in chiesa. Il minimo che si possa fare, per prepararsi bene al mistero che seguirà, è arrivare in orario. E arrivare in orario, vuol dire arrivare almeno cinque minuti prima dell’inizio, per avere il tempo per pregare, di preparare il proprio cuore.  Il santo curato d’Ars diceva che occorreva  un quanto d’ora per prepararsi correttamente. Egli stesso si preparava alla celebrazione dell’eucarestia con un lungo periodo di adorazione.  Niente e nessuno poteva impedire quel momento. Rari sono i luoghi nei quali si permette di arrivare così in ritardo come alla messa. Per un bel concerto tutti sono lì prima dell’inizio. Lo stesso al cinema: alcune persone arrivano ancora durante gli spezzoni pubblicitari di film di prossima programmazione; ma quando il film incomincia, la sala viene completamente oscurata e non è piacevole arrivare così nel buio. Non parliamo del treno, della nave: chi arriva in ritardo può solo attendere il successivo. Invece, alla messa….. Mi sento sempre molto a disagio quando vedo la gente arrivare in ritardo, cioè dopo l’introduzione….. Voi mi direte: ma che cosa faremo in quei cinque, dieci, quindici minuti prima che la messa incominci? E’ bene prepararsi, nella preghiera, a questo grande appuntamento. La cosa più importante è domandare al Signore di avere veramente fame e sete di Lui, di essere riempiti del desiderio di incontrarlo, di ascoltarlo, di riceverlo. Possiamo anche invocare lo Spirito Santo. Senza di Lui, niente si fa in profondità. Lui solo può permetterci di vivere un vero incontro con il Signore. Preghiamo anche per il sacerdote che celebrerà la messa.

UNA RIUNIONE NELLA CHIESA

Il termine chiesa viene dal Greco ekklésia composto dal prefisso ek che significa “fuori da” e dal verbo kaleô, “chiamare”, il senso primo di ekklésia è dunque: assemblea di coloro che sono stati chiamati da fuori per venire dentro. “Fare chiesa” non significa radunarsi tra amici, formare un’associazione, un club di persone che si scelgono tra loro, ma significa rispondere ad una chiamata, a una convocazione e per noi cristiani chi ci convoca e chiama è Dio. Il cardinale Henri de Lubac, grande teologo del concilio Vaticano II, ebbe questa formula stupenda: “E’ la chiesa che fa l’eucarestia, ma è anche l’eucarestia che fa la chiesa”.

E’ LA CHIESA CHE FA L’EUCARESTIA


Questo ci sembra abbastanza evidente: è la chiesa radunata, guidata dai suoi pastori, che celebra l’eucarestia. Questo è il suo compito e la sua missione. La chiesa conserva gelosamente questo tesoro unico che il Cristo le ha affidato: il suo corpo e il suo sangue. Al cuore di tutte le preoccupazioni pastorali, la sua meravigliosa missione è di dare questo nutrimento ai figli di Dio. Essa deve anche fare attenzione che la messa sia celebrata degnamente.

E’ ANCHE L’EUCARESTIA CHE FA LA CHIESA

La comunità cristiana scopre, nel corso degli incontri, che questo invito del Signore la costituisce come chiesa, assemblea visibile e vivente. Come potrebbe essere un’”assemblea di coloro che sono stati convocati” se essa non si radunasse? Non sarebbe niente di più che una nebulosa di individui isolati, senza legami gli uni con gli altri, se non forse una iscrizione sul registro dello stato civile. Moltissimi cristiani purtroppo non hanno più molti legami con la chiesa….. quante volte sentiamo dire: “sono credente, ma non praticante”? la grande maggioranza dei cristiani non è praticante, ciò diventa quasi normale…….Ma come dirsi membro di una chiesa senza partecipare all’assemblea, all’adunanza di questa chiesa? Di fatto, questa assenza di pratica si accompagna spesso a una fede debole. Si sente anche dire: “Non c’è bisogno di andare in chiesa per essere credenti”. Ma come credere in colui che ha detto: “Fate questo in memoria di me”, senza rispondere al suo invito? In occasione della GMG di Parigi, un giovane chiese se fosse obbligatorio andare a messa. Il vescovo rispose: “La messa non è obbligatoria, è vitale!”. La messa è ben più che una riunione; anche i partiti politici, le associazioni, i movimenti si riuniscono. Per mezzo della messa, Dio “foggia” la sua chiesa facendo si che coloro che vi partecipano non formino più che un solo corpo.

RICAPITOLANDO

Le campane sono per noi come la voce di Dio che ci invita a radunarci per “fare chiesa”.
E’ bene che ci prepariamo attivamente a questa grande adunanza che ci unisce e che costituisce la chiesa in un solo corpo.

MEDITATO E SCRITTO DA PADRE LEOPOLDO
PRIORE FRANCESCANO CONVENTUALE DELLA
CHIESA DI SAN FRANCESCO DI BRESCIA.

martedì 21 giugno 2011

Capire la Santa Messa - I Appuntamento

 Inauguriamo questa nuova sezione della Vigna del Signore, attraverso il primo numero di un corposo appuntamento che ci porterà alla comprensione del mistero della Santa Messa. Ringraziamo Enza per l'opera di trascrizione di questi approfondimenti di padre Leopoldo, Priore Francescano Conventuale della Chiesa di San Francesco di Brescia:

CHE COSA E’ LA MESSA?

Il senso profondo dell’eucarestia

Prima di entrare nel vivo dell’argomento, cioè lo svolgimento della messa, tenteremo di comprendere meglio cosa essa sia. Lo faremo in una maniera molto semplice: definendo i differenti nomi che diamo alla messa, quali “Frazione del pane”, “Cena del Signore” o “Eucarestia”.

Diversi nomi per dire la stessa cosa

Per designare delle cose semplici, non abbiamo bisogno di parecchi nomi: un albero che produce delle mele è un melo, se produce delle ciliegie, è un ciliegio. Al contrario per parlare di una persona, possiamo utilizzare parecchi nomi. Così il Sig. Rossi si farà chiamare “Giovanni” dai suoi amici, “Dottore” dai suoi pazienti, “papà” o “mio caro” in casa. Quando parliamo di Dio, moltiplichiamo i nomi: egli è Padre, l’Essere supremo, il Vivente, la Roccia, il santo, l’Amore, il Misericordioso. I musulmani amano recitare i novantanove nomi di Dio, sgranando il loro rosario. Noi non potremo mai dire tutto di Dio, ma ogni nome rivela un aspetto della sua grandezza infinita e ci svela un poco del suo mistero. Anche la Messa è un grande mistero; è dunque normale che vi siano diversi nomi per parlarne. Al giorno d’oggi parliamo soprattutto di messa e di eucarestia, ma nel corso degli anni, si sono utilizzati altri nomi per designare questo sacramento: frazione del pane, azione santa, cena del Signore, comunione, sacrificio, ecc. Si tratta sempre della medesima realtà , ma, con questi differenti nomi, si metteva l’accento ora su una ora su un’altra delle sue ricchezze. E’ dunque interessante approfondire il significato di alcuni di questi nomi, perché ciascuno rivela un aspetto, una sfaccettatura del diamante.

LA FRAZIONE DEL PANE

L’espressione “frazione del pane” è una delle prime che utilizzano i discepoli per designare la messa. Gli Atti degli apostoli ci dicono che i primi cristiani “erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (2,42). Questo gesto viene da Gesù: per nutrire la folla, prende i pochi pani che gli vengono presentati, li benedice e li spezza. Li distribuisce. Al momento dell’ultima cena, Gesù compie nuovamente questi stessi gesti: prende il pane, lo spezza e lo dà ai suoi discepoli. La frazione del pane diventerà anche un gesto che permetterà ai discepoli di Emmaus di riconoscerlo.
Qual è il senso di questo gesto? San Paolo ce lo spiega nella sua prima lettera ai Corinzi: “Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (10,16b-17).
Così, condividere uno stesso pane e darne un pezzo a ognuno significa esprimere l’unità. La “frazione del pane” realizza l’unità tra coloro che mangiano insieme uno stesso pane (la parola “compagno” esprime questo gesto di condivisione del pane. Compagno viene da cum, “con”, e ponis, “pane”; è dunque colui con cui mangio il pane).
Quanto più grande sarà questa unità, dal momento che il pane condiviso nella messa è più che pane: è il corpo di Cristo offerto per noi. Quando noi andiamo a fare la comunione, riceviamo insieme il medesimo corpo di Cristo; questo ci stabilisce necessariamente in una unità molto profonda. Perché ricevendo il corpo di Cristo, siamo chiamati a diventare sempre più membri di questo corpo di Cristo che è la chiesa.
Una bellissima preghiera della messa dice: “La comunione a questo sacramento sazi la nostra fame e sete di te, o Padre, e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio”. A ogni comunione, siamo chiamati a diventare ciò che abbiamo ricevuto: il corpo di Cristo! Ricordiamo ancora per un momento che, se Dio ci rende partecipi del pane che è il corpo di Cristo, ci invita a nostra volta a condividere il nostro “pane”, vale a dire ciò che abbiamo, con coloro che ne hanno bisogno. Ciò che Dio fa per noi, noi dobbiamo farlo per gli altri.

IL PASTO DEL SIGNORE

In questa seconda espressione, c’è innanzitutto la nozione di pasto, così importante per noi. Invitare a pranzo i propri amici o i propri genitori, non significa soltanto dare loro da mangiare e da bere. Partecipare ad un pranzo di famiglia o tra amici, non significa unicamente placare la propria fame. E’ molto di più. C’è una grande differenza tra l’animale e l’uomo nel loro modo di mangiare. L’animale si getta sul cibo che gli si presenta, escludendo il bisogno dell’altro. Divora il suo pasto fino a che non c’è più nulla oppure la sua fame è placata. Quando gli uomini prendono un pasto insieme, obbediscono a tutto un rito: prendono l’aperitivo, stendono i loro tovaglioli, attendono che tutti siano serviti prima di mangiare, anche se hanno molta fame. In tutto il pranzo, c’è qualcosa di più del cibo, c’è l’amicizia che si crea e si manifesta. In fin dei conti, non è il cibo la cosa più importante. Lo si trova sempre buono se l’atmosfera è gioiosa, distesa, fraterna. Al contrario, se inaspettatamente accade un litigio durante il pranzo, questo non “passa” più, e si arriva a lasciare la tavola, anche se si ha ancora fame.
Il pasto evoca la gioia di stare insieme. Si capisce che Gesù abbia scelto l’immagine di un pranzo di nozze e anche di un vero banchetto per parlare del regno di Dio. (vedi per es. Lc 14,15-24), non per prometterci che passeremo la nostra eternità a mangiare e bere, ma piuttosto per presentarci il regno come la riunione dei figli intorno alla tavola che presiede il padrone di famiglia.
L’eucarestia è un pasto. Ma bisogna andare più lontano, se no, al posto delle chiese, avremmo dei ristoranti…. Bisogna aggiungere che questo è il pasto del Signore. Dio stesso ci invita alla sua tavola. In questo pasto, il Cristo stesso si dà in nutrimento. Il pane spezzato, distribuito, è il suo corpo offerto per noi. Il calice, è quello della nuova alleanza nel suo sangue. Con questo pasto, egli ci invita a prendere parte alla sua passione per risuscitare con lui e partecipare alla sua gloria. Questo pasto del Signore dunque è una pregustazione del pasto celeste nel regno.

L’AZIONE SANTA

Azione sacra, Azione santa, sono termini che hanno avuto il favore del Medioevo. Abitualmente, noi parliamo del prete che dice bene o dice male la messa. Facciamo un’offerta perché egli dica una messa per una tale intenzione. In certe lingue, si dice che anche il prete legge la messa  e di conseguenza io vado “ad ascoltare la messa”. Simili espressioni avrebbero scandalizzato certamente i cristiani del Medioevo. Parlavano, loro, di dare la messa. Essi avevano ben compreso che la messa è un’azione di Dio in favore del suo popolo e un’azione degli uomini che celebrano questa alleanza.
E’ bene ricordare che noi tutti siamo invitati a prendere una parte attiva alla messa. Andare a messa, non è come andare al cinema dove lo spettatore sta comodamente seduto nella sua poltrona; il solo sforzo che gli si richiede è di star zitto. Siamo tutti attori, non necessariamente perché facciamo qualche cosa come la lettura o la questua, ma perché partecipiamo attivamente a ciò che viene celebrato: ascoltiamo la Parola di Dio e ci lasciamo interpellare da essa; ci offriamo con il Cristo per avere parte alla sua resurrezione; lo riceviamo perché venga ad abitare in noi e noi in Lui. Tutto ciò, nessuno può farlo al nostro posto. Dipende da noi vivere la messa come una vera azione santa.

I SANTI MISTERI

Un mistero in liturgia non è un enigma oscuro o un fenomeno strano. La Parola designa un’azione compiuta da Dio e realizzata dal Cristo per la salvezza degli uomini. La messa ci fa partecipare al mistero pasquale, mistero di Pasqua, cioè alla morte e resurrezione di Cristo. L’espressione “santi misteri” designa il corpo e il sangue di Cristo resi presenti nella celebrazione della messa. Anche i sacramenti si chiamano misteri, perché Dio agisce attraverso parole e gesti ben precisi. Il mistero ha un duplice aspetto. Un aspetto visibile: un’azione, un gesto, una parola. E un aspetto invisibile: ciò che Dio compie attraverso questa azione, questo gesto questa parola. Questo aspetto invisibile, noi lo percepiamo con gli “occhi della fede”.
E’ un po’ complicato, ma lo capirete subito. La messa è un “mistero” o un sacramento, perché essa è stata istituita dal Cristo per farci partecipare alla sua morte e alla sua resurrezione e dunque per salvarci. C’è nella messa un aspetto visibile: le parole che ascoltiamo e che diciamo, i gesti che vediamo e che compiamo, l’incenso che sentiamo, senza dimenticare il pane che tocchiamo e mangiamo e il vino che beviamo. Ma non bisogna dimenticare l’aspetto invisibile, ciò che queste parole, questi gesti e questi alimenti significano: Dio ci parla e si dà in nutrimento perché noi abbiamo parte della sua vita divina. Bisogna avere la fede per capire bene tutto ciò. Non che il Cristo non sia qui e non ci si crede, perché egli agisce efficacemente per mezzo dei sacramenti, ma questi diventano fecondi e producono ciò che essi significano per coloro che li ricevono nella fede. Teniamo dunque a mente, di questa definizione, l’invito a superare le apparenze per vivere il “mistero” celebrato.
“Questa è certamente una delle più grandi difficoltà della messa. Non si vede che il suo aspetto visibile. Spesso diciamo: “Mi piacciono molto le messe delle famiglie, sono ben animate, ci sono canti belli e voi suonate la chitarra”. Non sono come le altre messe dove non succede niente….”. mi fanno pensare a dei bambini che ricevono dei regali, ma che non vedono che le confezioni più o meno colorate; dimenticano di aprire il regalo…..Sicuramente, i sacerdoti e i gruppi liturgici devono afre del loro meglio perché la liturgia sia bella e attraente. Ma non dimentichiamo l’immenso tesoro che si trova sotto la confezione. Quando si è riconosciuto il Cristo che si dona, anche la messa più scialba diventa momento straordinario.

L’EUCARESTIA

Eucarestia è un’espressione che noi utilizziamo spesso per parlare della messa. Eucharestein significa “rendere grazie”, o più semplicemente “dire grazie”. In greco moderno, l’espressione significa “ti ringrazio vivamente”, “ti sono profondamente riconoscente”.
Celebrare l’eucarestia significa dunque esprimere la nostra riconoscenza al Signore, ringraziarlo per tutti i suoi benefici. La preghiera eucaristica è una lunga preghiera di azione di grazie al Padre che ci ama e invia il suo figlio per salvarci. Teniamo a mente di questa espressione il fatto che noi andiamo a messa per rendere grazie, per dire “grazie” a Dio. Sarà bene chiederci, prima di andare a messa, quali sono i nostri motivi di ringraziamento.
Più profondamente, il cristiano è chiamato a fare della sua vita una “eucarestia”, un’azione di grazie, lodando e ringraziando il Signore in ogni tempo, come ci invita a fare l’apostolo Paolo: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti” (Fil 4,4).

LA MESSA

La parola più corrente: “vado a messa”. Quale ne è l’origine? Essa rischia di sorprenderci.
Ogni riunione liturgica comporta un rito di apertura, d’accoglienza e un rito di congedo. E’ così anche in tutte le assemblee ufficiali. Per esempio, per i giochi olimpici, c’è una cerimonia di apertura e c’è una cerimonia di chiusura. Il presidente dichiara “aperti” i giochi e li dichiara “chiusi”. Nell’esercito, alla fine dell’esercizio, il comandante grida: “Rompete le righe!”.
Alla fine della messa, il vescovo o il presbitero dichiarava: “Ite, missa, est”, che si è tradotto con “La messa è finita andate in pace”. Ma questa non è la traduzione letterale. “Ite missa est” significa “Andate, questo è l’invio” o, in altre parole, l’assemblea che si è tenuta nella chiesa, questa domenica, viene ora sciolta. La parola latina per dire ciò è missio o anche missa, che viene dal verbo “inviare”. Missa est: è il momento del rinvio. Che ognuno ritorni alla sua casa! Come si è arrivati a chiamare “missa (messa), che vuol dire rinvio, un atto che è il suo contrario, cioè una riunione? La ragione è semplice, quando si va in chiesa per la messa, si entra in ordine sparso, gli uni dopo gli altri. Alcuni arrivano a raccogliersi alcuni istanti prima della celebrazione. Altri arrivano in ritardo. L’ingresso in chiesa si nota poco. Al contrario, i partecipanti escono tutti insieme e questo si vede. Così i non cristiani che vedono i fedeli uscire insieme dalla chiesa dicevano:  “è la missa, è il congedo della loro riunione”. E si è finito col chiamare missa, messa, la riunione stessa.
Ciò non è senza conseguenze. Se, dopo aver celebrato il mistero del Signore, siamo inviati, ciò avviene perché noi siamo presso gli uomini i testimoni di ciò che abbiamo vissuto insieme in chiesa. La messa non è un atto isolato e separato dalla nostra esistenza normale. Essa ci apre una vita nuova e alla testimonianza. Il congedo finale è anche un invio in missione.